La radice del male

Nella giornata della memoria credo sia essenziale riflettere sulla radice del male. Troppo spesso tutto si riduce ad un mostrare le immagini dell’orrore, quasi per sentirsi a posto. L’idea che si possa spiegare la vita, si possa far rientrare l’orrore nello schema del mal funzionamento delle strutture che reggono il mondo è il grande male del nostro tempo,

la truffa di un universo senza Dio, di un mondo senza limite. Il Nazismo fu un sistema perfettamente razionale, come il comunismo.Il nazismo pianificò lo sterminio con geometrica precisione, il nazismo non si pose limiti, pretese di essere il senso di tutto, il senso del tutto. Per coglierne il mortifero spirito basta leggere il piccolo capolavoro di Vasilij Grossman, L’inferno di Treblinka. Si, perché il bene e il male letti dentro la storia umana, restano un mistero. L’uomo è capace di produrre l’orrore in modo seriale, di fabbricare la morte al ritmo di un’industria di successo. E accade che il moltiplicarsi del male, i cadaveri seviziati, possano diventare montagne, accanto a montagne di occhiali, di scarpe,di foto, di capelli, di denti, di abitini di bimbi, di scarpe di tutte le misure. E accade che una bestia d’uomo goda nello spaccare la testa con una mazza ai fanciulli ridendo e che tutto venga ridotto in cenere e che il manto di vita in polvere diventi uno strato morbido, un tappeto su cui camminare inconsapevoli. E questo accade oggi, ancora, in modi diversi secondo l’infinita fantasia degli aguzzini. È necessario dimenticare il dolore del singolo perché questo possa ripetersi, è necessario l’altro diventi una categoria, una razza, una religione, purché non sia un uomo, un papà, una mamma, un figlio, un fratello. Anche durante le grandi catastrofi naturali l’uomo impara a convivere con il moltiplicarsi dei cadaveri, con le orrende mutilazioni, forse per non impazzire, semplicemente per continuare a vivere. Ma un unico grande dolore, quello, non si dimentica mai, perché ci riguarda personalmente. Quando un bambino cade in un pozzo artesiano, quando si tenta di tutto per trarlo da quella bara di fango, freddo e paura, quando il contorsionista si cala nelle viscere del pozzo e torna sconfitto. Allora, il dolore diventa pazzia, perché tutti conosciamo la disperazione di una madre che piange disperata sul corpo dell’unico figlio. È necessario avere il cuore di una madre per sopportare. Nel caso di Alfredino caduto nel buco di fango, ogni tecnica, ogni progetto falli. La vita è anche questo, tragedia. Giulietta voleva Romeo con tutta se stessa, Romeo adorava Giulietta, ma morirono entrambi perché si amavano. Non tutto si spiega. Forse per scongiurare almeno una parte del male dovremmo imparare a vedere nell’altro, non semplicemente un fratello, ma un essere che valga più noi stessi. Dovremmo, essere l’altro. E questo è propriamente ciò che ha fatto Cristo è diventato altro, è diventato uomo. Il giorno della memoria è il giorno del nostro dolore, il giorno in cui dobbiamo riconoscere che dal male non si esce da soli, perché il male è parte di noi. Le grandi ideologie totalitarie hanno preteso di rifare il mondo e per fare questo hanno deciso di rifare l’uomo a partire da un’idea. Si chiami razza, partito, nazione, califfato, per questa via l’uomo diventa una pedina, un numero, una cosa. E quando l’essere umano non rientra nel progetto, semplicemente lo si rieduca o lo si sopprime. Al fondo non possiamo dimenticare come il male sia il frutto di ciò che la tradizione cattolica chiama, la caduta. Su questo dovrebbe tornare ad interrogarsi la teologia nella piena comprensione di come l’uomo sia un essere diviso, che porta divisione e incomprensione in tutto ciò che fa. Un essere in attesa di un Altro che semplicemente lo liberi dal male. Così, ricordiamolo, si chiude il Padre Nostro.

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