Matrimoni gay: Presidente Napolitano, ma non era importante la cultura della legalità?

Matrimoni gay: Presidente Napolitano, ma non era importante la cultura della legalità?

Costituzione e legalità, due punti fermi nell’azione di Napolitano, ma adesso qualcosa si è inceppato. I sindaci vanno contro l’una e l’altra e il Capo dello Stato latita.

La notizia dei matrimoni omosessuali trascritti dai sindaci dei più grandi Comuni di’Italia circola ormai da diversi giorni, dopo Pisapia a Milano adesso è la volta di Marino a Roma. A giudicare dai titoli dei grandi quotidiani questa iniziativa dei sindaci è un fatto accettato senza obiezioni, come nel caso del Corriere della Sera.

marino matrimoni

Eppure si tratta di un’evidente violazione delle leggi dello Stato, della “legalità”, quella della Repubblica nata dalla Resistenza, come ricorda il Presidente Napolitano, quella legalità che è fortemente sostenuta in ogni altro ambito.

La definizione di legalità secondo Treccani è la seguente:

Il principio di legalità è uno dei caratteri essenziali dello Stato di diritto (Forme di Stato e forme di governo): con l’avvento del costituzionalismo liberale, infatti, si afferma l’idea che ogni attività dei pubblici poteri debba trovare fondamento in una legge, quale atto del Parlamento, a suo volta unico organo diretta espressione della sovranità popolare o della nazione.

 

Non si tratta evidentemente in questa sede di discutere sul diritto o meno di contrarre matrimoni omosessuali, a prescindere da come la si pensi al riguardo si dovrebbe respingere un’iniziativa che anteponga l’opinione personale alle leggi dello Stato che diventano di fatto solo un “consiglio” possibilmente da seguire ma senza obblighi, una raccomandazione non vincolante. Dopo i gesti dei sindaci di Milano e Roma, Pisapia e Marino, possiamo tutti sentirci autorizzati a fare come ci pare, nei loro gesti istituzionali ha prevalso la logica del “secondo me” e non quella delle leggi votate a maggioranza in Parlamento.

Per il potenziale dirompente insito in un atto del genere le violazioni della legge operate dai sindaci costituiscono quello che in termini tecnici si chiama “vulnus istituzionale”, una ferita nel funzionamento delle istituzioni democratiche. Sull’esempio di Pisapia e Marino domani ci sentiamo tutti autorizzati a violare le leggi sulla base delle nostre personali convinzioni, proprio come dichiarato sul Corriere dallo stesso Marino:

Alla fine della cerimonia il sindaco chiede di «farci una foto insieme, con le coppie con cui abbiamo trascritto questi atti per ricordare questo momento importante per la città di Roma e anche per me perché credo sia fondamentale che un sindaco si ponga a difesa dei diritti di tutti». Marino, che si è detto molto emozionato, ha voluto dedicare alle sedici coppie una poesia di Pablo Neruda: «Ieri sera — ha detto — pensavo a questo momento con emozione e sono andato a cercare un libro di poesie a cui tengo molto, regalatomi da un carissimo amico quando ero adolescente e che ha un grande significato in un giorno commovente come questo: `Se saprai starmi vicino e sapremo essere diversi…». «Un atto d’amore tra due persone non può non essere riconosciuto – ha aggiunto Marino -. Io difendo il diritto dei cittadini ad amarsi.

E così non in nome della legge ma in quello delle poesie di Neruda, si afferma che non il Parlamento ma l’opinione personale determina l’agire: se secondo me una cosa è giusta la devo fare senza stare a guardare quello che stabilisce il Diritto. Posto davanti a questa situazione il garante della costituzione e della legalità, il Presidente della Repubblica, dovrebbe per suo dovere intervenire richiamando i cittadini, e a maggior ragione i “primi cittadini”, al rispetto delle leggi. Ma il Presidente tace. La massima carica dello Stato lascia solo il Prefetto, un amministratore dello Stato e rappresentante del Governo: “Comune, il giorno delle nozze gay. Il prefetto diffida il sindaco: si fermi” (La Repubblica)

Sarebbe però fuorviante dire che si può agire secondo il proprio concetto di “diritto”, infatti ciò è permesso solo se l’agire è in linea con il pensiero unico, se invece l’agire secondo coscienza avviene in direzione contraria al politically correct non vale la stessa indulgenza, e infatti non l’ha avuta l’infermiera che in questi stessi giorni ha rifiutato di somministrare a due ragazze la “pillola del giorno dopo” ritenendo che nonostante la revisione del foglietto illustrativo fosse un potenziale abortivo (dubbio tra l’altro fondato, vedi CS del 3 luglio 2014), come riportato ad esempio sul Fatto Quotidiano:

pillola giorno dopo

“Illecito penale” è l’accusa rivolta all’infermiera, non conta nulla cosa suggerisce la coscienza in questo caso, non conta che secondo l’infermiera fosse a rischio il diritto alla vita.

Lei si è dovuta licenziare, i Sindaci restano al loro posto e sono considerati alfieri dei diritti umani.

Critica Scientifica

 

 

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