Hong Kong parla Zen

zendi Leone Grotti (Tempi)

«Finalmente vediamo tutti in modo chiaro qual è il vero volto del governo di Pechino. Loro vogliono assoluta ubbidienza e non intendono darci quello che ci spetta: la democrazia». Raggiungiamo al telefono il cardinale Joseph Zen Ze-kiun (foto a destra), 82 anni, vescovo emerito di Hong Kong, quando nel Territorio sono ormai le 23:30, dopo essere stato in piazza «a protestare». Il numero dei manifestanti che occupa «pacificamente» le piazze principali della città è aumentato negli ultimi due giorni e ha raggiunto le diverse decine di migliaia di persone, dopo che la polizia domenica ha reagito duramente alle proteste lanciando «86 bombole di gas lacrimogeno», picchiando alcuni manifestanti e arrestandone altri.

Eminenza, che cosa chiede il popolo di Hong Kong?
Nella Costituzione è previsto che Hong Kong, dopo il ritorno sotto la Cina [avvenuto nel 1997], abbia diritto a vere elezioni sia per il capo del governo della regione autonoma sia per il consiglio legislativo. La Cina ce l’ha promesso nel 2004, poi nel 2007, poi nel 2010: ogni volta rimandano.

Perché?
Si capisce che non vogliono concederci vere elezioni perché Pechino desidera controllare tutto. Noi chiediamo solo un vero suffragio universale per le elezioni del 2017 e invece il governo centrale ha deciso sì di lasciarci la possibilità di votare, ma solo candidati scelti da loro. E allora a cosa serve il voto? A niente. Ecco perché protestiamo.

La Cina vi ha descritti come «estremisti» e «sovversivi».
Io ho partecipato alle proteste e posso dire che il popolo di Hong Kong è fantastico: prima abbiamo organizzato un referendum a cui hanno partecipato 800 mila persone, poi sono scese circa 500 mila persone in piazza per la democrazia. Ora il popolo manifesta ancora ma è sempre disciplinato: non ha rovesciato una macchina né spaccato una vetrina né attaccato un poliziotto. Però sappiamo tutti che questo è un atto di disobbedienza civile: noi occupiamo una zona importante della città, ostruiamo il traffico. Questo è contro la legge, e siamo disposti ad andare in carcere se saremo arrestati, ma non è contro la morale. È legittimo battersi contro un sistema ingiusto.

Se la protesta è così pacifica perché la polizia vi ha aggrediti?
È stato un momento molto pericoloso, una provocazione grave. Un gruppetto di noi di Occupy Central stava per essere arrestato al Parlamento, quando la polizia ha visto arrivare una grande folla di studenti e non solo. La polizia sapeva bene che i manifestanti erano pacifici, che non c’era alcuna minaccia per la sicurezza eppure hanno perso la pazienza, usato la forza e aggredito la gente. Questo è gravissimo perché la situazione non esigeva una reazione simile.

Molti in Occidente parlano di una nuova Tiananmen.
Noi non facciamo rivoluzioni, restiamo calmi. Abbiamo solo protestato in modo un po’ più forte del solito: usualmente parliamo e basta, questa volta causeremo anche qualche danno economico e siamo disposti a pagare per questo.

Quando la polizia ha caricato i manifestanti, lei ha chiesto alla gente di «tornare a casa, di non rischiare la vita».
La Chiesa ha studiato la situazione e ha giudicato che è permesso fare una protesta come questa. Noi religiosi a Hong Kong siamo grandi educatori, abbiamo tante scuole, e insegniamo il valore dell’obbedienza e della disobbedienza quando necessaria. Però, fedele al suo carisma, la Chiesa insegna e ricorda alla gente che ci vuole coraggio ma anche prudenza.

La Cina ha già negato il suffragio universale. Spera che cambierà idea?
Io sono un po’ pessimista. Sappiamo che ci sono poche speranze di vittoria, questo magari avverrà tra molto tempo, però è ragionevole fare quello che stiamo tentando ora.

Temete una reazione del governo comunista?
Hong Kong dipende molto dalla Cina, che potrebbe bloccare il flusso dell’acqua verso la nostra città o le nostre importazioni di cibo. Se vorranno affamarci noi siamo disposti a soffrire, ma speriamo che non accada.

Domani (oggi per chi legge, ndr) in tutta la Cina si festeggia la nascita della Repubblica popolare. Come vivrà Hong Kong questa ricorrenza?
Il governo ha cancellato i fuochi d’artificio perché il clima non è più di festa. Noi torniamo in piazza perché abbiamo visto il vero volto del governo di Pechino, che non ha alcuna intenzione di darci la democrazia. E il capo del governo locale, Leung (immagine subito sopra), invece che stare dalla nostra parte e curare i nostri interessi, si dimostra servile verso Pechino. Ecco perché chiediamo le sue dimissioni.

fonte: Tempi.it

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Autore: Libertà e Persona

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