Diventeremo come gli anglicani?

sinodo03di Giuseppe Rusconi

Non è stato un Sinodo banale, è stato un Sinodo svoltosi nel contesto di una società che della ‘liquidità’ ha fatto la sua bandiera. Tanto del Sinodo ci ha colpito. Ma – considerando nella sua globalità ciò che è accaduto prima, durante, alla fine del Sinodo – è una domanda quella che sorge in noi spontanea e prepotente: La Chiesa di Roma si sta anglicanizzando? Ovvero: rischia seriamente di imboccare la strada che oggi piace tanto al mondo e alla sua nota lobby, quella della valorizzazione dei ‘nuovi diritti’, con la conseguenza drammatica – proprio come è capitato nella Comunione anglicana – di un doloroso approfondirsi della spaccatura interna tra ‘progressisti’ e difensori a tutto campo della tradizionale dottrina sociale della Chiesa?

Siamo pessimisti? Non lo vorremmo essere, ma la ragione ci rende inquieti. E ci spieghiamo, ricapitolando dapprima i momenti importanti del Sinodo. All’inizio l’intuizione, certo felice, di papa Francesco, che ha voluto una riflessione il più possibile ampia del mondo cattolico sul tema tanto complesso quanto attuale della famiglia. Da ciò il ‘Questionario’ con le 39 domande e le risposte da una larga maggioranza di conferenze episcopali, fondate spesso su quanto emerso da una consultazione del popolo cattolico del proprio Paese. Sono seguiti l’Instrumentum laboris, che ha fatto tesoro di tutto ciò; gli squilli di tromba della fanfara che – grazie anche al contributo di cardinali e vescovi, oltre che di religiosi di gran nome – ha alimentato attese e polemiche;  la nomina papale assai orientata dei membri delle Commissioni per la stesura del ‘Messaggio’ e per quella della Relazione finale, la Relatio Synodi;l’inizio del Sinodo con le relazioni del segretario generale e del relatore generale; la prima settimana di interventi programmati e liberi, con un confronto aperto e franco come voluto dal Papa. Si è poi giunti al lunedì della seconda settimana, con la Relatio post disceptationem, letta dal relatore generale, che però in conferenza-stampa si è distanziato da essa nei punti più delicati. Memorabili quel “cosiddetta mia relazione” e l’invito al segretario speciale a rispondere a una domanda sulle convivenze omosessuali, considerato come il paragrafo l’avesse scritto lui. Memorabile il giorno dopo il comunicato della Segreteria del Sinodo, che declassava a semplice documento di lavoro la stessa Relatio post disceptationem. Intanto i fiati della fanfara inneggiavano alla ‘Chiesa’ finalmente ‘aperta’ verso le richieste concernenti i divorziati risposati e le persone omosessuali (anche verso le unioni con tale caratteristica).

RELAZIONE INTERMEDIA PROFONDAMENTE RIMANEGGIATA 

La Relatiointermedia è stata profondamente rimaneggiata nei giorni seguenti, per volontà della maggior parte dei padri sinodali distribuiti nei dieci gruppi linguistici, i Circuli minores.  Giovedì mattina il malcontento di molti si è clamorosamente espresso con la stroncatura dell’annunciata decisione della Segreteria generale del Sinodo di non pubblicare le relazioni dei Circoli. Non solo: sempre giovedì è stata comunicata la decisione di papa Francesco di integrare la Commissione per la stesura del Messaggio con il cardinale africano Napier e il vescovo australiano Hurt. Domande spontanee: non era possibile inserire un africano già inizialmente nella citata Commissione? Forse non se n’era trovato uno abbastanza ‘progressista’? O forse c’è qualcuno che ritiene che gli africani non abbiano nulla da insegnarci in materia di famiglia e dintorni? Poi si è stati costretti, vista l’aria che tirava in Assemblea o magari anche solo per considerazioni di giustizia distributiva, a inserirlo… e il prescelto è stato uno dei critici più duri della Relatio post disceptationem

Si è così giunti al gran finale di sabato 18 ottobre. Approvato a larga maggioranza  -con un voto unico sull’insieme – il ‘Messaggio’ (che conteneva anche un accenno alla riflessione fatta a proposito di accompagnamento e accesso ai sacramenti per i ‘divorziati risposati’), il pomeriggio si è votato su ogni punto della Relatio Synodi, il documento finale di questa tappa del percorso voluto da papa Francesco. Chi ha letto con attenzione e comparato tra loro la Relatio post disceptationem e la Relatio Synodi non può non aver notato le profonde differenze tra le due. Nel linguaggio, non più ambiguo, melenso, post-sessantottino (si è letto nella relazione di un Circolo minore che la Relatio post disceptationem era caratterizzata da “uno stile ridondante, contorto, troppo verboso e dunque, assai spesso, noioso”). Ma anche nei contenuti. Paragrafi stralciati, paragrafi riscritti, aggiunte sostanziali un po’ ovunque. Insomma: è verosimile che, se la Relatio Synodi (come era nelle intenzioni e nelle speranze di alcuni degli organizzatori del Sinodo) avesse sostanzialmente ricalcato la Relatio post disceptationem , sarebbe stata sonoramente bocciata.

Invece la Relatio Synodiappare molto più equilibrata. Prima di tutto mette in evidenza la bellezza della famiglia formata da uomo e donna e aperta alla procreazione: il concetto viene ribadito più volte. Poi sui temi ‘caldi’ ribadisce certo la necessità di coniugare verità e misericordia, sottolineando più volte che la prima è indispensabile perché la seconda possa esprimersi compiutamente. Netta la correzione di rotta sull’accesso ai sacramenti per i ‘divorziati risposati’. Nella Relatio Synodi si legge tra l’altro, al numero 52 : Diversi (il grassetto è nostro) hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si parla di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. (…) Va ancora approfondita la questione (…)”. Non è chi non noti l’estrema cautela nell’affrontare l’argomento, facendo anche notare che diversi padri sinodali sono per la disciplina attuale e altri per una apertura molto condizionata. Da notare anche il numero 48, da cui emerge che “un grande numero di padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità”: dal che si evidenzia come la larga maggioranza del Sinodo fosse a favore dello snellimento delle procedure nelle cause di nullità, l’opzione preferita nel contesto del problema dei ‘divorziati risposati’.

Nettissime le modifiche nei paragrafi sull’ “attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale” (punto 55), in cui – nellaRelatio Synodi – si conferma né più né meno quanto si fa da tempo: da una parte essi “devono essere accolti con rispetto e delicatezza” , dall’altra è forte il richiamo al fatto che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote (Ndr: notare quel ‘neppure remote’), tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Sparite in particolare dalla Relatio Synodi le affermazioni “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”, “La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale” (Ndr: ???), “Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners”. Onestamente chi ha redatto tale paragrafo della Relatio post disceptationem dovrebbe riconoscere la sonora bocciatura in materia.

RELAZIONE FINALE GLOBALMENTE ‘MODERATA’

Utilizzando una terminologia forse non del tutto adeguata, emerge allora che globalmente la Relatio Synodiva considerata come un documento assai equilibrato, tale in genere da essere votata dai tanti ‘centristi’, alleati a una parte dei ‘conservatori’ (mentre un’altra parte ha votato contro anche la cauta apertura – cauta, ma pur sempre possibile apertura’ – all’accesso alla Comunione per i ‘divorziati risposati’). E’ una Relazione ‘moderata’, di compromesso, in cui i ‘progressisti’ sembrano cedere molto di più dei ‘conservatori’. Valga per tutti un altro esempio chiarissimo ovvero quello della scomparsa nella Relatio Synodi del punto della Relatio precedente in cui si richiama la costituzione Lumen Gentium del Vaticano II per introdurre un’analogia tra il rapporto Chiesa cattolica-Chiese e comunità sorelle e quello matrimonio-unioni imperfette: in sintesi si voleva affermare che sia nelle Chiese e comunità sorelle che nelle unioni imperfette ci sono “parecchi elementi di santificazione e di verità”. Il concetto, ma molto più blandamente, è stato ripreso con altre parole nei punti 25 e 41.

IL SINODO DEI SASSOLINI … E LE TROMBE SI SFIATANO…

Certo i  ‘progressisti’, che avrebbero preferito di gran lunga una Relatio Synodi copia della Relatio post disceptationem, si sono verosimilmente contati soprattutto nel voto di grande importanza simbolica relativo al numero 55, quello riguardante “l’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale”. A quel punto i ‘progressisti’ hanno constatato di essere in 62, poco più di un terzo dell’Assemblea, un numero buono per impedire l’approvazione sinodale con i due terzi richiesti, ma trasparente sulla loro effettiva forza oggi, a dispetto di trombe e tamburi. Diciamo che la ‘gioiosa macchina da guerra’ sinodale si è, in questa occasione, inceppata per i troppi sassolini negli ingranaggi. Dopo il voto sul numero 55, quello sul numero successivo: e qui è emerso qualcosa di quasi incredibile. Se 159 l’hanno approvato, 21 (ventuno) padri sinodali hanno bocciato il seguente testo: “E’ del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”. Ci vedete qualcosa di sconveniente in questo testo, che fotografa soltanto la realtà nuda e cruda? Eppure in 21 l’hanno respinto: chi sono? da quale curva provengono questi ‘ultras’ gaiamente ‘progressisti’?

In sintesi: il Sinodo non si è concluso come avrebbero voluto taluni dei suoi organizzatori e animatori. E’ prevalsa la parte moderata dei padri sinodali, che sempre ha ottenuto almeno un’ampia maggioranza assoluta dei voti. In questo Sinodo, oggi.

… TUTTAVIA IL FUTURO INQUIETA. SARA’ UN FUTURO ‘ANGLICANO’?

Tuttavia consideriamo che:

. alcuni cardinali, vescovi, direttori e massmedia hanno alimentato con insistenza le attese del ‘mondo’;

. i titoli apparsi nella larga maggioranza dei massmedia dopo la presentazione della Relatio post disceptationem (titoli in verità generalmente corrispondenti a quanto prospettato nella Relatio)hanno indotto i lettori a pensare che anche la Chiesa ‘aprisse’ alla comunione per i ‘divorziati risposati’ e agli “elementi di santificazione” presenti nelle unioni gay. Questa impressione resta nelle menti, difficile correggerla;

. nei prossimi dodici mesi il confronto sarà molto intenso a livello locale. Intenso e prevedibilmente aspro, con larga parte dei massmedia – chissà quanto si fregherà le mani la nota lobby!- pronti a emarginare presunti ‘omofobi’ (anche in Italia, dove il caso ha voluto che quasi contemporaneamente sia un Berlusconi pascalizzato che il presidente del Consiglio a rincalzo immediato propugnassero/annunciassero la presentazione a breve di una legge sulle ‘unioni civili’ tra persone dello stesso sesso);

. al prossimo Sinodo i ‘conservatori’ saranno probabilmente di meno. Alcune tra le eminenze forse verranno prima ‘trasferite’. E i vescovi nuovi, nominati da papa Francesco, è difficile siano della stessa tendenza conservatrice, fedele alla dottrina sociale vigente della Chiesa.

Il quadro delineato è complesso e non tranquillizza. Non pochi tra i cattolici praticanti pensano a quanto è successo negli scorsi anni proprio su temi del medesimo ambito dentro la Comunione anglicana. Chi spinge a tutti i costi per conformarsi ai desideri del mondo, chi postula nei fatti una Chiesa sostanzialmente ‘liquida’ è cosciente del rischio di divisioni profonde nel mondo cattolico? Si vuole – da parte di alcuni in buona fede o spinti da interessi mondani – l’anglicanizzazione della Chiesa di Roma? Sarà anche vero che, come ha detto in conferenza-stampa il segretario speciale del Sinodo, i laici cattolici spesso sono “più clericali” dei preti. Forse però quei laici sono soltanto “più cattolici” – espressione corretta, appassionata, impegnata della dottrina sociale della Chiesa – di alcuni di loro.

fonte: www.rossoporpora.org

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Autore: Libertà e Persona

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