Ecce concipies in utero

anno 2001L’opera “Casa Betlemme” è stata fondata da Flora Gualdani, una laica aretina nata nel 1938, che ad un certo punto del suo cammino ha aperto la propria abitazione per un servizio alla vita nascente.

Quella che segue è un’intervista a Flora Gualdani e alla sua collaboratrice Marina Bicchiega. L’intervista è stata realizzata dai microfoni di Radio Maria il 7 settembre 2014.

Casa Betlemme, nel suo apostolato, è un luogo di formazione dove arrivano tante coppie. Raccontaci qualcosa della tua esperienza con le coppie che non riescono ad avere figli.

Flora Gualdani: Buonasera a tutti, e grazie per questo invito. Come ho raccontato la volta scorsa, Casa Betlemme (opera che ho avviato e conduco dal 1964 ad Arezzo) si può definire, con papa Francesco, un piccolo ospedale da campo specializzato sulla maternità e sull’Humanae vitae.

Insieme alle opere di misericordia corporale compiamo quelle di misericordia spirituale, cioè istruiamo gli ignoranti, fornendo formazione su questo delicato capitolo del Magistero. Siamo insegnanti dei moderni metodi naturali e, nella pastorale della vicinanza, una delle sofferenze con cui oggi veniamo sempre più a contatto è quella dell’infertilità.

Prima di raccontarvi qualcosa della nostra esperienza, vorrei partire dalla sapienza di Dio, perché il nostro stile è quello di riconciliare la fede con la scienza e con la morale, trasmettendo un messaggio di armonia. L’ostetricia e la fede mi hanno insegnato che la bioetica è già scritta tra le righe della Parola di Dio (magari ne possiamo riparlare). Stasera vorrei osservare che nel Vangelo di Luca, che era un medico mariano, sta scritto “Ecce concipies in utero”: concepirai nel tuo utero, non in una provetta. Queste parole dell’evangelista suonano secondo me come un richiamo preciso all’uomo di oggi che considera ormai normale concepire figli in provetta. Mentre così stiamo facendo una “Rapina all’Autore” della Creazione, con la “Riproduzione Artificiale”, omologa od eterologa che sia. Ci troviamo in un momento storico cruciale in cui la cultura dominante cerca di convincere la gente sulla normalizzazione: viene detto che è in corso una rivoluzione copernicana con “nuovi paradigmi riproduttivi”, dove noi cattolici siamo considerati “i medioevali”. Si dice che è tutto “oblativo”, che affittare l’utero sarà un dono, come lo sarà donare sperma o ovuli: “…per aiutare chi soffre”. In una prima fase si è cercato di far diventare normale il concepire fuori del grembo della donna, adesso stanno cercando di far diventare normale il concepire con gameti (o utero) altrui.

E così la dottrina della Chiesa cattolica appare sempre più come un fastidioso intralcio al progresso, cercano di confinarla in un angolo. La Chiesa è sotto assedio. E la gente fatica a comprenderne le ragioni.

Noi vogliamo ricordare anzitutto che il figlio era una benedizione e un dono (Salmo 127): oggi invece il figlio è diventato o un errore da evitare, oppure non più un dono ma un diritto a tutti i costi, un amato oggetto di proprietà, tanto desiderato che chiunque potrà pretenderlo per via giudiziaria, nella dittatura del desiderio. Anche se – come precisa il Magistero – il modo in cui un bambino è venuto al mondo non ne cambierà mai il valore.

Vogliamo ricordare che il figlio nasceva da un rapporto sessuale tra un uomo e una donna. Oggi invece sta diventando un prodotto commissionato, anche su catalogo, ad un laboratorio, sottoposto a severi controlli di qualità, con procedure di selezione e di scarto. Ma è un bambino!

Lo scienziato ateo francese Testart ha scritto che forse un giorno la Chiesa rimarrà l’unico baluardo ad affermare che i figli dell’umanità nascono da un rapporto carnale tra un uomo e una donna.

Vogliamo ancora ricordare che il pancione a luna piena di una donna, era un tabernacolo e un mistero: oggi è diventato un contratto d’affitto e presto forse ci stamperanno sopra un codice a barre per evitare scambi di provette e di embrioni, come ormai leggiamo nella cronaca.

L’insegnamento della Chiesa, “esperta di umanità” come la definiva Paolo VI, sta nelle istruzioni Donum vitae (del 1987) e Dignitas personae (del 2008), che dicono in sintesi: gli sposi, nella reciproca fedeltà, hanno diritto di diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro; l’introduzione di un esterno alla coppia, con le pratiche eterologhe, rompe quindi anche l’unità del matrimonio. Gli sposi hanno il dovere di concepire i figli in modo conforme alla loro dignità, rispettandone il naturale diritto: di nascere, di avere un padre ed una madre, di avere un’identità e radici, di non essere considerati oggetto di proprietà o prodotti di un procedimento.

Flora, le tue riflessioni sono il frutto di una personale esperienza sul campo, lunga ormai mezzo secolo. La ritroviamo distillata in forma poetica così, in uno dei tuoi scritti: “…di voi posso dirmi mamma./ Il mio utero non vi ha generati,/ ma non per questo vi ho meno amati…”. Puoi dirci qualcosa della maternità affidataria e adottiva?

Flora Gualdani: Le persone che arrivano qui con la comprensibile sofferenza dell’infertilità (che è pesante), le aiutiamo in un cammino di consapevolezza. A volte sono persone non credenti. In questo percorso riscoprono la loro fecondità di coppia come una dimensione che va oltre la fertilità biologica, superando le tensioni e aprendosi a nuovi orizzonti. Quando gli aiuti non bastano e la natura dice “no”, invece che far violenza alle sue leggi esiste un’alternativa: la maternità adottiva e affidataria. E’ una strada che non sacrifica esseri umani in nome dei desideri degli adulti ma, al contrario, restituisce calore a piccoli innocenti che esistono già e che aspettano di essere amati da un padre ed una madre.

E, per chi ha fede, significa accogliere il disegno di Dio, che per tutti ha un progetto d’amore personalizzato. Per qualcuno può passare anche dalla sterilità. Ma, se questa sboccia nella maternità adottiva o affidataria, la coppia troverà senso e gioia nella propria vocazione. E’ una genitorialità dove l’estraneo ti diventa figlio, senza differenze nell’amore. Parlo per esperienza, perché nei decenni sono diversi i bambini che ho cresciuto e amato come figli. E sono loro che hanno dilatato il mio cuore e mi hanno resa felice.

Per spiegarvi nel dettaglio quale è il nostro ruolo accanto a queste coppie, passo la parola a Marina Bicchiega, una delle mie strette collaboratrici, cresciuta in questa opera formativa betlemita. E’ una biologa e insegnante dei metodi naturali, che nei suoi studi teologici ha dedicato due tesi all’attuazione bioetica e pastorale dell’Humanae vitae, analizzando anche l’esperienza di Casa Betlemme. La sua tesi di baccalaureato ha preso in esame proprio il tema dell’infertilità, ricevendo un premio dalla Confederazione Nazionale dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità.

Marina Bicchiega: Come diceva Flora, con la nostra equipe “Olio sulle ferite”, diamo ai coniugi (in modo gratuito) ascolto e orientamento. Li aiutiamo cioè a districarsi in un complesso percorso clinico, offrendo sostegno affettivo e accompagnamento spirituale, indispensabili nel loro cammino di sofferenza. Anzitutto si tratta di una consulenza qualificata sui metodi naturali, che rappresentano il primo livello fondamentale nella diagnosi d’infertilità, aiutando la coppia ad individuare l’ovulazione e orientare i rapporti nei giorni di massima fertilità. A volte infatti è bastata questa semplice istruzione per ottenere la gravidanza. Quando nell’autodiagnosi emergono invece segnali di patologia, indirizziamo subito i coniugi al Policlinico Gemelli presso l’ISI, un centro internazionale specializzato nella cura dell’infertilità con ottimi risultati clinici, come ascolteremo dopo. A Casa Betlemme svolgiamo quindi una consulenza di primo livello, in rete con questo centro accademico.

Anche laddove la gravidanza non è arrivata, ho constatato alla scuola di Flora come i Metodi naturali siano comunque un aiuto basilare sul piano umano per aprirsi alla maternità adottiva o a un servizio di volontariato nell’ottica del dono.

Con il nostro approccio globale, integrato nella teologia del corpo, portiamo avanti anche un lavoro di alfabetizzazione bioetica sulle risposte e le ragioni del magistero: capita infatti che le coppie arrivino qui non soltanto ferite dalla loro condizione, ma anche disorientate e disinformate.

Sempre sul piano umano, vediamo che con l’apprendimento dei metodi naturali gli sposi sono aiutati nella loro intima relazione coniugale e vivono un cammino di riconciliazione con la corporeità e la bellezza della sessualità. Come accennava Flora, i follow up diventano così tappe di un percorso dove gli sposi allentano le tensioni e crescono nella consapevolezza, riscoprendo la profondità del loro legame coniugale e spirituale.

Così nella mia tesi, dopo aver analizzato il problema sociale dell’infertilità, ho riflettuto sullo scardinamento antropologico del generare umano, che sta trasformando la procreazione in produzione. Ho osservato alcuni dati interessanti della letteratura medica che ci avverte come non sia affatto indifferente il modo in cui si viene concepiti. Oltre alla neonatologia e all’epigenetica, se ne occupa anche la psicanalisi: il francese Bayle (nel libro L’embrione sul lettino) studia la psicopatologia del concepimento umano e s’interroga su quale impatto avrà nelle generazioni il nuovo “scenario concezionale” affermando che: «sarebbe imprudente banalizzare l’essere concepiti in modo desessualizzato, l’introduzione di un terzo nella procreazione, la costituzione di segreti sull’origine».

Ho raccolto poi una serie di testimonianze dalla viva voce di donne che abbiamo seguito con Flora, di varia provenienza geografica o culturale. Perché vengono anche da lontano. Alcune di queste testimonianze sono riportate nel libro di Angela Cosentino “Testimoni di speranza. Fertilità e infertilità: dai segni ai significati“, che ha vinto un premio letterario. Altre riflessioni su questa linea le trovate nel libro di Griffini “Sterilità feconda: un cammino di grazia”, oppure nel testo di Josè Noriega e Maria Luisa Di Pietro ”Fecondità nell’infertilità”.

In questi due interventi avete parlato dell’ISI, l’Istituto Scientifico Internazionale intitolato a Paolo VI, presso il Policlinico Gemelli, e specializzato nella ricerca sulla fertilità e infertilità secondo le indicazioni del magistero. Potete illustrarci il ruolo di questa struttura ed i suoi risultati sul campo?

Marina Bicchiega: Casa Betlemme collabora con questo centro accademico da qualche decennio e nel 2009 abbiamo insieme organizzato, con l’allora vescovo mons. Bassetti, un convegno regionale all’ospedale di Arezzo intitolato «La procreazione responsabile a 40 anni da Humanae vitae: il cammino della scienza e della cultura».

L’istituto è stato inaugurato nel 2000 da Giovanni Paolo II al quale fu offerto dall’Università Cattolica come una risposta “istituzionalizzata” all’appello che Paolo VI aveva rivolto agli scienziati nell’Humanae vitae, dove il Papa chiedeva loro di dare una base scientifica sicura alla regolazione naturale della fertilità umana e d’impegnarsi a superare in modo naturale l’eventuale infertilità. Un impegno che i ricercatori e l’équipe dell’ISI portano avanti ormai da più di dieci anni grazie all’approccio multidisciplinare dei problemi di infertilità della coppia. L’istituto, diretto per anni dal prof. Bompiani ed oggi dal prof. Marana, ha sviluppato il lavoro di un centro studi partito alla fine degli anni ’70 sotto la guida della ginecologa Anna Cappella.

Sul piano dei risultati, vi leggo qualche brano di un reportage curato da Graziella Melina e pubblicato su Avvenire, inserto “E’ famiglia” nel marzo 2013.

L’ISI, spiega il prof. Marana, si basa su un approccio diagnostico terapeutico mini invasivo alla sterilità, che è un passaggio fondamentale per la corretta diagnosi e per la terapia adeguata. Tutte le coppie vengono quindi accolte, accompagnate e seguite da un’èquipe di medici, con un approccio – come dicevo – multidisciplinare: ginecologo, andrologo, endocrinologo, urologo, psicologo, genetista hanno infatti il compito di scovare le cause della sterilità e proporre la terapia adeguata.

Come tutti i ginecologi sanno, prosegue il professor Marana, la Fivet non corregge il problema della sterilità ma lo bypassa. Mentre l’opzione chirurgica permette alla donna il conseguimento della gravidanza in maniera naturale, e permette inoltre alla donna poi di ottenere gravidanze successive senza il bisogno di ulteriori interventi medici.

La sterilità di origine tubarica, spiegano i ricercatori dell’Isi, è responsabile di circa il 25-35 % dei casi di sterilità femminile. Uno dei punti di forza di questo istituto è proprio la microchirurgia tubarica che cura questa patologia. Le cause della sterilità, oltre ad una malattia infiammatoria pelvica, sono da ascrivere poi ad interventi chirurgici precedenti oppure all’endometriosi, una patologia che interessa circa il 7-10 % della popolazione femminile in età riproduttiva.

La chirurgia conservativa, laddove è possibile, per l’l’équipe dell’Isi è considerata il trattamento “di prima linea”. E i risultati non mancano. Il 25 % delle pazienti seguite ha infatti ottenuto una gravidanza e il 32 % delle donne sottoposte a chirurgia endoscopica e mininvasiva ha ottenuto «un bimbo in braccio». Questi dati che vi ho letto sono stati poi confermati in un nuovo reportage uscito il mese scorso, dove i risultati dell’ISI sono pressoché sovrapponibili ai successi della fecondazione artificiale con dati riportati dal Ministero. E tutto ciò dovrebbe essere motivo di riflessione oltre che di speranza.

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.