Corso di francescanesimo per gli studenti FI da un altro punto di vista

Riceviamo e pubblichiamo

di Davide Canavesi, ex frate e studente F.I.

Il 4 giugno sul sito www.immacolata.com è apparso un articolo dal titolo “Corso di francescanesimo per gli studenti FI”. Non dubitiamo della rettitudine d’intenzioni e della sincerità del nostro ex-confratello fra Bonaventura che firma l’articolo, né vogliamo in alcun modo mettere in discussione le tematiche e i contenuti, ma a chiunque lo abbia letto pare chiaro che il contesto in cui è stato pubblicato, l’ufficialità del sito che lo ha proposto (il sito ufficiale dell’istituto dei FFI) e lo spirito che lo anima, lasci intendere una sola cosa: finalmente, grazie al nuovo corso, gli FFI hanno scoperto il vero francescanesimo, il vero san Francesco. Hanno scoperto in definitiva di essere francescani, in quanto prima non lo erano, illusi dal falso spirito serafico trasmessogli dai loro fondatori e dai precedenti superiori e formatori, implicitamente accusati di aver tradito il carisma francescano nonché quello mariano (ma questo è un altro discorso). Comprendiamo certo la necessità retorica di cantare il peana alle uniche iniziative culturali e formative (o, per meglio dire, l’unica) intraprese dai FFI “nuova gestione” ma è difficile capire perché un corso riservato agli studenti, e quindi non accessibile ad esterni, meriti di essere presentato sulla pagina ufficiale dell’istituto. Evidentemente l’unica motivazione è appunto mettere in risalto (anche in maniera stucchevolmente enfatica), come i nuovi FFI diano finalmente una formazione francescana ai loro giovani frati, gettando in tal modo fango sulla precedente formazione. Dato che molti di noi hanno assistito al corso di p. Gianfranco Berbenni vogliamo sicuramente ringraziare il relatore per la profondità delle sue considerazioni sulla vita di san Francesco, per l’approccio critico alle Fonti Francescane e per la sua semplicità e simpatia veramente serafica. Non mettiamo in alcun modo in discussione i contenuti del corso né la retta intenzione dell’autore dell’articolo ma ci sentiamo in dovere di precisare alcune cose, per evitare un indebito uso delle buone intenzioni altrui.

  1. Gli FFI non hanno affatto scoperto il francescanesimo dopo il corso di padre Berbenni. Chiunque sia stato formato negli ultimi anni tra i FFI può testimoniare come sin dal postulandato e dal noviziato esista una formazione specificatamente francescana. Non abbiamo certo appreso al corso di Firenze che esistano le Fonti Francescane in latino, che san Francesco non fosse un ecologista o animalista, che la “cotta” tra san Francesco e santa Chiara sia un’invenzione dei musical, che il film di Liliana Cavani non trasmetta il reale san Francesco ecc. Sono cose ben note a tutti i FFI sin dai primi mesi di formazione. Nonostante molti autori moderni (che sono andati o vanno per la maggiore anche nei conventi) abbiano in vari modi proposto un san Francesco deformato e ideologico (pacifista, ecologista, sessantottino, pre-protestante, pre-modernista ecc.), dobbiamo ringraziare i nostri fondatori per averci trasmesso il vero san Francesco, il “tutto serafico in ardore”, distaccato dal mondo per meglio amare il Crocifisso e per impegnarsi senza requie alla salvezza delle anime redente dal sangue di Cristo.
  2. Se al “nuovo corso” FFI piace dare pubblico risalto alle (poche) attività formative organizzate va sottolineato che i precedenti superiori e formatori hanno sempre avuto la preoccupazione di trasmettere ai giovani frati lo spirito serafico e dargli una formazione (anche scientifica) adeguata. A chi di noi non è stato consigliato di leggere le Fonti Francescane o gli scritti di san Massimiliano Kolbe? Il maestro dei novizi certamente ha sempre raccomandato tale lettura in privato e spesso la proponeva anche a tutti i novizi, per meglio fare intendere la vita religiosa e il nostro carisma. In più lo STIM (Seminario Teologico Immacolata Mediatrice), tanto denigrato dai nuovi superiori (che però non vi mettevano piedi da diversi anni), proponeva nel suo curriculum di studi ben 7 esami riguardanti il francescanesimo:
  • Spiritualità francescana
  • Storia del francescanesimo;
  • 2 seminari di filosofia francescana e 3 seminari di teologia francescana, nei quali si approfondiva lo studio dei grandi maestri francescani (soprattutto san Bonaventura e il beato Giovanni Duns Scoto), con la produzione di un piccolo saggio su una tematica specifica da parte di ogni studente.

Oltre a ciò, va segnalato l’impegno del nostro istituto nello studio del francescanesimo e della filosofia e teologia francescana con: le giornate di studio per frati e suore (due anni fa dedicata alle conferenze di san Massimiliano Kolbe, qualche anno fa dedicato a san Francesco, ecc.), convegni (come quello dedicato a san Massimiliano Kolbe), riviste di studio (Annales franciscani, per la storia e la spiritualità francescana) e, in particolare la promozione del pensiero del beato Giovanni Duns Scoto. Oltre ad una rivista annuale (i Quaderni di studi scotisti), negli ultimi anni il Seminario si è impegnato nella pubblicazione di vari libri riguardanti il pensiero del beato, di strumenti scientifici indispensabili (come la ristampa del Promptuarium scoticum) e soprattutto della traduzione dell’Ordinatio di Scoto in italiano, lodata anche dal presidente della Commissione scotista internazionale, p. Barnaba Hechich OFM. Se, come qualcuno dei nuovi superiori ha lasciato intendere, il livello degli studi francescani nell’istituto e delle suddette iniziative non era veramente scientifico, tali critiche andrebbero puntualizzate e messe per iscritto perché proprio così vuole la scienza, che tra i suoi requisiti ha quello della “pubblicità”. Le critiche servono a far crescere e non a distruggere, per questo ogni vero scienziato desidera essere criticato: la nuova dirigenza FFI sembra invece preferire distruggere (il seminario, le riviste, ecc.) senza voler esprimere pubblicamente le sue critiche. Altrimenti, se si preferisce criticare con le mezze parole l’impegno e la buona volontà altrui, è meglio ricordare la saggezza degli antichi pagani: Sutor, ne ultra crepidam. Di saccenti sutores ormai ce ne sono talmente tanti tra i FFI che l’istituto potrebbe specializzarsi nella produzione di sandali (in pieno spirito francescano)!

  1. Va poi ricordato che se non vogliamo cadere in una forma di “gnosticismo” francescano, il francescanesimo non è tanto questione di conoscenza scientifica delle fonti in latino e di studio storico-critico, quanto di pratica di una vita eroica e serafica, come quella del poverello di Assisi (e in questo credo che padre Berbenni ci darà ragione). La decadenza del francescanesimo è iniziata anche a causa di un estremistico spirito di “ritorno alle fonti”: disprezzare ottocento anni di tradizione francescana per ritornare al vero Francesco! A parole tutto ciò è molto bello, ma spesso il vero Francesco, studiato in maniera storico-critica, è diventato il Francesco di Sabatier, quello di Manselli, quello di Miccoli, quello di Matura, quello di Dalarun, ecc. Ognuno – in maniera storico-critica beninteso – ha preteso che il suo san Francesco fosse quello vero e ha preteso di riformare il francescanesimo secondo la sua testa. Contro questo spirito, vera peste del francescanesimo moderno, anche il beato Gabriele Allegra ricordava l’importanza della tradizione francescana: non possiamo pensare che ogni cosa venuta dopo san Francesco sia un tradimento del francescanesimo! Il francescanesimo si trasmette di generazione in generazione (a volte con sviamenti e qualche tradimento accidentale), come la vita si trasmette dai genitori ai figli, e noi giovani ex-FFI possiamo vantarci di averlo ricevuto da due veri francescani come padre Stefano e padre Gabriele, francescani sin dall’infanzia e legati spiritualmente a san Pio da Pietrelcina.
  2. E’ bene poi ribadire che possiamo leggere quanto vogliamo le fonti in latino, possiamo conoscerle e recitarle a memoria, possiamo avere biblioteche piene di libri sulla francescanistica, possiamo iscriverci a tutti i corsi ad Assisi o a Roma… ma non siamo francescani semplicemente per il fatto di fare ciò. Certo, come ci ha ricordato p. Gianfranco, studiare una cosa (e studiarla con fatica, come comporta lo studio scientifico), è una misura dell’amore che abbiamo per quell’oggetto: se studiamo san Francesco è perché amiamo san Francesco, il santo più simile a Nostro Signore. Tuttavia, se non vogliamo essere in contraddizione con san Francesco stesso, dobbiamo ricordare che il francescanesimo è pratica di vita eroica e sacrificata: il sacrificio della preghiera prolungata anche di notte, il sacrificio dell’apostolato condotto con sforzo e fatica, il sacrificio della vita comune, il sacrificio della povertà … questo era san Francesco, questo era Niepokalanow, questo era Casa Mariana (lo sarà ancora?), questo era (e ne siamo testimoni diretti) lo STIM. Tutto temprato dalla discrezione, dalla dolcezza e dall’amore fraterno: san Francesco “madre” per i suoi figli e san Massimiliano “marmellata” verso i confratelli. Poi la semplicità francescana, che non è lo “spontaneismo” di cui sembra essere affetta la vita religiosa oggi, ma uno spirito di serena austerità, di distacco dal mondo e dalle sue massime, d’umiltà senza pretese, della consapevolezza che è Dio che fa tutto con quei miseri mezzi che noi siamo. Tutto questo era ciò che trovavamo nei FFI e che ora non si trova più: prima c’erano i FATTI, oggi ci sono solo le PAROLE, che rimangono parole anche quando a trasmetterle è il sito www.immacolata.com. I fatti sono la vita di preghiera intensa, la preghiera notturna, il sacrificio dell’apostolato faticoso, i mille impegni quotidiani, la necessità di risparmiare sempre tempo e, talvolta, di sottrarlo al sonno per essere fedeli ai propri incarichi e alla vita comune. I fatti sono l’amore per le anime, soprattutto per i giovani e per le vocazioni, tanto difficili da realizzare nel mondo attuale. Le parole sono quelle di chi parla di preghiera, ma sostiene che il francescanesimo non c’entra nulla con la contemplazione; di chi parla di sacrificio, ma non vuole alzarsi di notte; di chi si gonfia delle parole “missione” e “apostolato” (deformando abilmente le parole del Santo Padre), per poi distruggere i mezzi d’apostolato e ammuffire nella pigrizia di conventi in cui non c’è più nulla da fare. Le parole sono i gruppi laicali sciolti e le vocazioni fatte fuggire e poi perseguitate, oltraggiate, chiamandole “vili” e “traditori” e cercando in tutti i modi d’impedire loro la realizzazione di quello a cui si sentono chiamati dall’Onnipotente. E’ questo l’amore per le anime? E’ questo l’amore di san Francesco?

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Autore: Libertà e Persona

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