La commedia “Starbuck”, un atto d’accusa contro la fecondazione eterologa

di Franco Olearo

David, 42 anni, lavora con i suoi fratelli nell’azienda alimentare del padre. La sua vita, già molto disordinata, viene sconvolta da due grosse novità: la sua ragazza Valérie aspetta un figlio; 142 ragazzi, nati tramite inseminazione artificiale, hanno aperto una class action per conoscere chi è il loro vero padre…

Lo pseudonimo di Starbuck (il titolo del film) non ha, come si potrebbe pensare, alcun riferimento alla famosa coffe company, ma a un toro della razza Holstein che pare abbia con successo esercitato il mestiere di stallone non meno di 200 volte. Nella nostra storia è lo pseudonimo scelto da David, un franco-canadese di origine polacca che in gioventù aveva donato un numero incredibile di volte il suo seme a una banca dello sperma

Questa commedia, il film più visto in Canada nella stagione 2011, fa proprio arrabbiare. Si tratta di una storia molto divertente ma come succede ormai quasi sempre nelle produzioni d’oltre oceano (e non solo) dire commedia vuol dire turpiloquio e pesanti battute a carattere sessuale. Peccato, perché il film è veramente interessante per i valori che trasmette.

Starbuck è in questo momento il film, che più di ogni altro ha lanciato un’ accusa netta nei confronti della fecondazione eterologa (ma anche della fecondazione assistita in generale): Tutti i santi giorni (2012) di Paolo Virzì aveva avuto uno sguardo critico sulla fecondazione assistita ma non aveva assunto una posizione netta.

In Starbuck uno dei figli nati in provetta dal suo seme chiarisce a David qual è il suo dramma: “Io sono diverso dagli altri: la maggior parte dei bambini viene al mondo come frutto di un atto d’amore; io sono il frutto di una masturbazione e sono stato concepito in una provetta”.
Ugualmente diretta l’accusa che lancia la ragazza di David, Valérìe: “dare lo sperma è una forma di prostituzione: si viene pagati allo stesso modo”.
Il film sottende anche, con il suo paradosso, il reale pericolo che due giovani possano sposarsi, ignari del fatto di essere fra loro fratelli.

David chiarisce con fermezza ciò in cui crede sul tema della paternità: quando Valérie continua a mostrasi incerta sull’accoglierlo come padre del bambino appena nato, reagisce con sicurezza: è lui che ha concepito quel bambino,è lui è il padre di quel bambino e nessuno potrà togliergli questo diritto.

Il film racconta con passione la progressiva presa di coscienza di David, che messo di fronte alle conseguenze del suo irresponsabile atto giovanile, di sente, in modo paradossale, padre di tutti questi ragazzi. “Avremo una quantità incredibile di babysitting gratuito” , esclama David a Valérie per convincerla a sposarlo nonostante tutto.

David è un tipo incontrollabile e imprevedibile: lavora con gli altri fratelli nell’azienda del padre, un grossista alimentare; per evitare che faccia guai gli hanno dato il compito più semplice: consegnare la carne macellata con il camion frigorifero ma anche con questo incarico si mostra inaffidabile, troppo impegnato a risolvere i non pochi guai in cui si è cacciato, incluso un debito che non riesce a onorare.

La situazione cambia quando viene a sapere da quella che dovrebbe essere la sua ragazza (ma che trascura continuamente) che c’è un bambino in arrivo, ma che Valérie non ha intenzione di sposarlo, perché lo considera per nulla affidabile. David vuole mettere la testa a posto, desideroso di prendersi cura di quel bambino e quando viene a sapere che 142 giovani, ormai sui venti anni, vogliono conoscere il loro vero padre, decide di conoscerli uno ad uno, in incognito. Scoprirà che per ognuno di loro può essere ancora utile in qualche cosa e riesce così ad esercitare in parte quella paternità che ormai è una realtà e che non può, ne vuole modificare.

Il film scorre con una regia sicura, attenta a fornire sempre nuovi chiavi comiche, soprattutto impegnata nel curare i passaggi più sensibili e commoventi, come quando scopre che uno dei suoi figli della provetta è nato con gravi handicap: lui torna più volte nella clinica in cui viene curato, anche solo per aiutarlo a mangiare.

La paternità con tutte le sue varianti è il tema forte del film (in effetti anche un po’ più di maternità non avrebbe guastato, per bilanciare la storia): il suo avvocato, prima di inizare la sua arringa in tribunale, trova nella borsa un cartoncino disegnato con mano infantile con un “buona fortuna papà”. Interessanti anche i rapporti di David con i fratelli ed il padre, in cui si rispecchiano tutti i problemi e le speranze di una immigrazione difficile (ma per loro, di origine polacca, una foto di Papa Wojtyla giganteggia nell’ingresso). Tutta la loro catena generazionale, a partire dal nonno rimasto in Polonia, sente forte l’ impegno di riuscire a trasmettere il meglio di ciò che è riuscito a raccogliere.

Il comico canadese Patrick Huard sostiene da solo il racconto, perennemente impacciato di fronte ai guai in cui finisce per cacciarsi ma deciso e sereno quando si trova ad aiutare uno dei “suoi ragazzi”.

Fonte: FamilyCinemaTv.it

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