Digiunatori a gettone e guerra giusta

Il Catechismo della Chiesa Cattolica elenca quattro condizioni affinché si possa parlare di guerra giusta, paletti per un uso della forza militare che la Chiesa non condanna in assoluto. Con buona pace di tutti i digiunatori dell’ultima ora – Pannella, Bonino, Celentano e compagnia – l’invito a digiuno e preghiera che Papa Francesco ha rivolto a tutti gli uomini di buona volontà fa parte di un’altra storia. La pace in Siria è, ovviamente, qualcosa che tutti ci auguriamo, ma l’urlo di pace del Papa ci richiama anche ad altre considerazioni.

“Certa specie di demoni – si trova scritto nel Vangelo di Matteo – si scaccia solo con la preghiera e con il digiuno.” Il digiuno quindi nella prospettiva cristiana ha un potere salvifico, di implorazione dell’aiuto divino, e non si deve confondere con un qualunque “sciopero della fame”, o un esercizio politicamente corretto di solidarietà patinata. S. Giovanni Crisostomo, a scanso di equivoci, commentò così il passo del Vangelo di Matteo: “Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l’uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei. Però è anche necessaria la preghiera, come elemento principale.” Attendiamo quindi i digiunatori alla preghiera di sabato prossimo in Piazza S.Pietro, sopratutto quelli a la page, e che sbandierano ai quattro venti il Papa per arruolarlo d’ufficio nella propria squadra.

Il digiuno e la preghiera in fondo sono un segno della limitatezza dell’uomo, del suo riconoscersi impotente e bisognoso di un aiuto più grande, onnipotente appunto. Esattamente il contrario di quanto pensano molti digiunatori a gettone che vorrebbero l’uomo unico giudice di sé stesso, così onnipotente da decidere quando staccare la spina, quando e come fabbricare bambini, quando e come cancellare le parole “padre” e “madre.”

Il pacifismo, anche quello “cattolico”, quando è ideologico non dà nessun contributo serio per risolvere situazioni di conflitto perchè di fatto non riconosce più alcun valore da difendere e diventa una specie di anarchia in salsa arcobaleno. Papa Benedetto XVI, in un famoso discorso pronunciato a Subiaco nell’aprile 2005, disse che “un pacifismo assoluto, che neghi al diritto l’uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe in una capitolazione davanti all’iniquità.”

L’uso della guerra non è certo uno scherzo, la storia recente ci mostra come gli interventi di peace keeping abbiano un lato B piuttosto oscuro e i risultati ottenuti non sempre sono brillanti, ma possono determinare situazioni anche peggiori di quelle che si voleva risolvere. Nel caso della Siria un intervento militare per punire il governo mostra molte incognite, sopratutto per la possibile ulteriore destabilizzazione del paese e dell’intera area mediorientale. A ciò si deve aggiungere il dubbio che ancora circola rispetto all’effettivo utilizzo delle armi chimiche da parte delle forze governative, certo è che se questo fosse confermato il ricorse alle armi troverebbe qualche ragione in più.

Una delle condizioni previste dalla tradizionale dottrina cattolica della “guerra giusta” richiama proprio la iusta causa, vale a dire la necessità di difendere un diritto di sommo rilievo, come quello all’esistenza, alla libertà, al proprio territorio, ecc. Ma questa causa “deve essere certa” e “deve esservi fondata speranza che i vantaggi prevarranno sui danni”. Insomma, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, la pace non è la semplice assenza di guerra, ma il risultato di un ordine che permette di rispettare appieno la verità dell’uomo.

Papa Francesco giustamente ci ricorda che la guerra chiama la guerra, la violenza produce violenza, e l’unica via per l’uomo è quella di cercare la pace, di cercare la verità su sé stesso. Perchè c’è una menzogna che circola da quando l’uomo è comparso sulla terra, è un tragico loop a cui il cuore dell’uomo si è condannato: gira su sé stesso e si rifiuta di sentirsi bisognoso di Dio. Il solo che lo può salvare e donargli quella pace che rimane per sempre. (La Voce di Romagna, 6-9-2013)

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