Madri surrogate

 

«Ti piace essere incinta? Hai fra i 25 e i 55 anni e la tua famiglia è al completo? Faresti un regalo fantastico a qualcuno meno fortunato di te?». Se hai risposto sì ad almeno una di queste domande, spiega un sito specializzato, «sei una potenziale madre surrogata». Se poi non fumi, sei sana e la tua casa è pulita, sei un’incubatrice perfetta (dietro rimborso spese o generoso pagamento) per coppie infertili, gay o single. «Io sono solo il forno, il pane è il loro», semplificava un decennio fa una delle protagoniste della sitcom americana Friends, che portava in grembo i gemelli di suo fratello e sua moglie. Oggi, il loro “forno” lo avrebbero trovato anche online.

Pare che il futuro oltre la crisi sia la sharing economy, basata sulla condivisione di risorse e informazioni, a partire da Internet. Secondo un esperto sentito dal quotidiano britannico Guardian, l’imprenditore Martín Varsavsky, la nuova e promettente frontiera di questa economia è appunto la fertilità. In effetti con un pc connesso è facile sia trovare una pancia in locazione sia offrirsi come surrogata. A proporsi sono agenzie (locali o internazionali) o network che riuniscono servizi di reclutamento, database, cliniche e studi di avvocati. Per il resto, servono una buona dose di “altruismo” (e un disperato bisogno di soldi o amore) per essere madri surrogate e un bel po’ di soldi per diventare genitori.

Le agenzie operano nei Paesi in cui la maternità surrogata è legale o tollerata, primi gli Stati Uniti. Sul sito di Growinggenerations, ad esempio, si offre un consulto in uno degli uffici della società a Los Angeles o New York, in Europa oppure online. I servizi sono in sei lingue, italiano compreso, per iniziare basta firmare un accordo e inviare «un piccolo acconto». Per il primo ciclo di fecondazione e impianto nell’utero affittato, avendo già ovulo e seme, le spese d’agenzia sono di 25mila dollari e il compenso per la surrogata di 36mila, pagabili anche a rate. Alle candidate-surrogate un modulo chiede di escludere ogni possibile patologia, infezione, vizio. E di avere, se non il passaporto americano, almeno la carta verde o un permesso di soggiorno. «Abbiamo visto fare alle surrogate cose fantastiche con il compenso ricevuto – spiega il sito –: accendere un mutuo per la casa dei sogni, aprire un’attività, pagare gli studi ai propri figli». Se sei una donna, affittare l’utero è diventato il nuovo modo per realizzare il tuo sogno americano.

Circle Surrogacy ha sede a Boston, filiali anche in Svezia e nel Regno Unito e «assiste genitori in oltre 50 Paesi». Per diventare loro madri surrogate bisogna risiedere in Stati americani «surrogate-friendly» e «avere il supporto di famiglia e amici». Anche The Surrogacy Source lavora con genitori stranieri, Italiani compresi, e le sue surrogate (americane) sono selezionate attraverso colloqui personali e controlli rigorosi. In una sola puntata gli acquirenti voleranno negli Stati Uniti, conosceranno la mamma e impianteranno il loro embrione nel suo corpo. Le surrogate «più esperte» con questa agenzia guadagnano 10mila dollari più delle neofite. L’esperienza, spiegano dal sito, ti permetterà di cambiare la vita di altre persone, oltre che di essere pagata per stare a casa con i tuoi bambini.

In Australia, Sam Everingham e il suo compagno si rivolsero a una donna indiana, che partorì per loro due femminucce. Per evitare ad altri gli inconvenienti che hanno dovuto affrontare, Sam ha fondato Surrogate Australia, un’organizzazione non profit che oggi coinvolge centinaia di famiglie. Per accedere a tutti i servizi offerti dal suo sito (comprese le statistiche sulle cliniche) bisogna pagare 70 dollari di iscrizione (80 per una coppia). Sam ha anche una società di consulenza specializzata in cui offre agli aspiranti genitori confusi un consulto iniziale telefonico a 600 dollari australiani. Sempre il sito di Surrogate Australia porta anche a Fertility Connections, una community online di donatori di gameti, aspiranti surrogate e genitori in Australia e Nuova Zelanda.

Nel vero hub della maternità in affitto, l’India, «il centro per la fertilità più vecchio» del Paese è il Delhi Ivf Fertility Center (e il suo motto recita: «The Birthplace of joy», il luogo di nascita della gioia). Sul suo sito si spiega perché quasi tutti scelgono l’India per una surrogata: «È economico, i medici sono esperti in fecondazione in vitro, le leggi sono favorevoli». Sempre in India fa base Surrogatefinder, database mondiale in otto lingue per tutte le esigenze riproduttive. Nella vetrina centrale ci sono gli annunci: come quello di Valery, che in Canada ha due figli ma ha incontrato il vero amore in tarda età e ha bisogno di una donna per diventare madre ancora una volta. O quello di Roz, trentunenne britannica con quattro figli che «ha trascorso il periodo più bello della vita» quando aspettava un bambino conto terzi. O quello di Tia, 27enne afroamericana che ha un figlio e spera un giorno di sposarsi: questo è il momento migliore per diventare una surrogata, perché non deve «rendere conto a un partner».

Appositamente per le coppie italiane in cerca di pance ma con un inglese un po’ zoppicante, l’universo Web della fertilità ha molte opzioni, in particolare nell’Est europeo. Cliniche e agenzie russe, rumene e ucraine hanno siti in italiano (o queste erano le intenzioni, anche se il traduttore automatico ha in molti casi dato risultati esilaranti), offrendo servizi a distanza e pacchetti più o meno completi. Il dominio uteroinaffitto.com, con foto di bimbi bellissimi, è di proprietà di una clinica ucraina. La garanzia offerta da questi siti consiste in costi contenuti e giovani donne di sana e robusta costituzione. E da competenze di marketing: nelle pagine dei forum in cui donne italiane raccontano il loro dolore nel non riuscire a portare a termine una gravidanza si infiltrano le addette alle pubbliche relazioni di cliniche est-europee. Pronte a offrire un aiuto immediato a chi cerca disperatamente una pancia.​

 

Valentina Fizzott, Avvenire, 11 agosto 2013
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Autore: Libertà e Persona

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