La battaglia per la Vita

1. Il vero significato della legge sull’aborto

Vorrei iniziare questa relazione con una riflessione sul significato non solo dell’aborto in sé, ma della legge che lo permette.

La tragicità e l’imponenza del fatto

Supponete che in Germania il Bundestag odierno voti a maggioranza una legge che sancisca la riapertura immediata di Auschwitz e degli altri campi di concentramento, con la ripresa in grande stile dell’arresto e dello sterminio nelle camere a gas degli Ebrei, dei disabili e dei malati psichici al ritmo di due o trecentomila all’anno.

Udita questa notizia, rimanete attoniti e sbigottiti. Ma subito pensate: “il popolo tedesco non accetterà mai una cosa simile!”. E in effetti vi arriva una seconda notizia: si farà un referendum per abrogare la legge. E voi pensate: “meno male, questa follia verrà stroncata subito”.

Ma poi vi arriva il risultato del referendum: il 67% dei tedeschi ha votato a favore della legge di sterminio!

Sconvolti, pensate che la comunità internazionale interverrà: tutto sarà bloccato dalle nazioni democratiche; gli ebrei, i disabili e i malati saranno salvati.

Ma, sorpresa, anche l’America vota la stessa legge: gli Ebrei e i disabili saranno da oggi sterminati in istituti specializzati che potranno uccidere 3500 persone al giorno, utilizzandone poi le cellule per realizzare dei farmaci.

Il vostro sgomento è indescrivibile. Ma purtroppo non è finita. Dopo poco tempo arriva la notizia temuta: anche l’Italia vota la stessa legge di sterminio, come in America. Il ritmo sarà di 500 vittime al giorno in istituti sanitari pubblici.

Alcuni amici vi chiamano: “Facciamo qualcosa, andiamo a protestare dove stanno per ucciderli!”.

Andate all’ingresso delle cliniche dove vengono portati gli Ebrei, i disabili e i malati psichici per essere soppressi: non si vedono, vengono portati in furgoni cellulari chiusi e insonorizzati. Voi vi mettete a gridare: “Non uccideteli! Lasciateli stare! Che male hanno fatto?”. Ma nessuno vi ascolta: la gente passa indifferente, anzi, vi guarda con disprezzo e gira al largo.

Scrivete ai giornali, ma nessuno vi pubblica gli interventi. Chiamate la televisione, ma non viene, dicendo che è un argomento su cui ognuno deve essere libero di pensare quello che vuole.

Intanto vengono pubblicati i dati: tutti sanno, ma non fanno una piega.

La legge di sterminio si fa strada in tutte le nazioni: ovunque Ebrei, disabili e malati psichici vengono arrestati e soppressi. Nell’indifferenza generale.

Alcuni biologi intervengono in televisione, sulla stampa e su internet a sostenere che si tratta di semplice materiale biologico: gli uomini sono pura materia, semplice materiale organico; uccidendoli non si fa nessun delitto, ma solo pulizia. Questa pulizia deve essere fatta per migliorare il pianeta.

Biologi, politici e scrittori si uniscono a dire che la cosiddetta legge di Dio è una creazione del Vaticano per assicurarsi il dominio sulla gente e togliere ad essa la sacrosanta libertà di decidere e di fare.

Gli anni passano. I morti sono ormai decine, centinaia di milioni. Non si contano più.

Escono nuove leggi che consentono di effettuare lo sterminio in casa, con farmaci potentissimi.

L’ONU decide di sostenere queste iniziative mandando fondi e partecipando alla loro realizzazione, tentando anche di sancire ufficialmente che si tratta di un diritto inviolabile dell’uomo la possibilità di eliminare gli Ebrei.

Tutta la stampa mondiale scrive sistematicamente articoli a favore di questo sterminio, indicando chi vi si oppone come fanatico e intollerante.

Supponete ancora che i medici e gli infermieri che si rifiutano di prestare servizio in questi campi di sterminio vengano dichiarati indegni di esercitare la loro professione e vengano licenziati da qualsiasi struttura sanitaria.

Supponete che anche i cattolici comincino a dire che un conto è la loro fede e un altro conto è la legge dello Stato e che quindi non si può opporsi ad una legge votata democraticamente; supponete ancora che facciano un silenzio sistematico su questo sterminio e che manifestino stizza e disprezzo verso coloro che si azzardano a dire qualcosa e a protestare, considerandoli fanatici e squilibrati.

Supponete … Supponete …

No, non c’è da supporre nulla. Ho descritto quello che è in atto. Non contro gli Ebrei, per loro fortuna, ma contro i nascituri di tutti i popoli, per loro sventura.

 

Una posizione cosciente e voluta

La storia sopra esposta ci fa comprendere la gravità non solo ‘quantitativa’ della tragedia dell’aborto, ma anche quella ‘qualitativa’, espressa dal fatto delle leggi che la permettono e la amplificano.

La gravità di queste cose è infatti che vengono volute, e volute coscientemente, comunitariamente e ostinatamente: questo è infatti il significato delle leggi abortiste, cioè di tutte quelle leggi che consentono di uccidere la vita umana dal concepimento al parto.

Se infatti l’aborto fosse un delitto compiuto da qualche fuorilegge contro la volontà popolare e contro il volere delle istituzioni, saremmo di fronte ad fatto triste e doloroso, ma assai delimitato e fortemente contrastato dalla società civile. L’esistenza delle leggi abortiste invece cambia radicalmente la portata del fenomeno: esso non è più un fatto negativo combattuto dalla società, ma diventa un fatto approvato e sostenuto ufficialmente, apertamente e volutamente dalla popolazione civile e dalle sue istituzioni. L’intera società diventa, come diceva S.Agostino, un’associazione a delinquere, dedita niente meno che all’assassinio dei bambini.

Qual è infatti il significato e il contenuto di una legge?

San Tommaso D’Aquino afferma riguardo alla legge:

La legge è una regola, o misura dell’agire, in quanto uno viene da essa spinto all’azione, o viene stornato da quella. … Ora, misura degli atti umani è la ragione, la quale ne è il primo principio…: infatti è proprio della ragione ordinare al fine (ST I-II,90,1,co.)

Dunque l’uomo con la sua ragione stabilisce che c’è un certo fine da raggiungere e identifica una regola di comportamento che permetta di raggiungerlo.

Nel caso delle leggi sull’aborto qual è il fine? Il fine è permettere a tutte le donne che lo vogliono di uccidere i propri figli nel loro grembo.

E la regola qual è? La regola è mettere a disposizione delle donne tutte le strutture sanitarie perché possano uccidere i loro figli in tutta sicurezza e comodità.

E chi ha deciso tutto questo? Tommaso dice che

fare le leggi spetta, o all’intero popolo, o alla persona pubblica che ha cura di esso. (ST I-II,90,3 co.)

Aristotele osserva acutamente:

Ma è difficile avere fin dalla giovinezza una retta guida alla virtù, se non si viene allevati sotto buone leggi, giacché il vivere con temperanza e con fortezza non piace alla massa, e soprattutto non piace ai giovani. […] È chiaro, infatti, che l’educazione pubblica si attua mediante leggi, ed è buona quella che si ottiene con buone leggi: leggi scritte o non scritte, lo si ammette comunemente, non ha importanza […]. (Etica Nicomachea, libro 10)

Nel caso della legge sull’aborto è stata dapprima l’autorità politica e poi l’intero popolo italiano a pronunciarsi e a impegnare ragione e libertà nel volere il fine e la regola per raggiungerlo. La maggioranza del popolo ha stabilito quindi che bisogna raggiungere questo fine: permettere a tutte le donne che lo vogliono di uccidere i propri figli nel loro grembo; e ha stabilito poi questa regola: mettiamo a disposizione delle donne le strutture sanitarie dello Stato perché possano uccidere con comodità e sicurezza i loro figli nel loro grembo.

Ma c’è di più: si è stabilito che la copertura finanziaria di questa enorme operazione sanitaria deve essere fatta da tutti gli italiani, volenti o nolenti. Perciò oggi tutti noi stiamo finanziando con le nostre tasse lo sterminio dei nascituri. Ripeto, tutti noi stiamo finanziando questo sterminio. Qualcuno mi dimostri che non è così e gliene sarò molto grato.

 Il rovesciamento della legge morale

Tornando al fine della legge, è evidente che esso contrasta frontalmente con la legge morale riconosciuta da secoli dall’umanità sia come legge naturale che come legge divina, cioè stabilita da Dio stesso. In tutte le religioni e le culture dell’umanità si trova questo precetto: non uccidere. Esso è rinvenibile in forma scritta già nelle legislazioni dell’Antico Egitto, in quella babilonese e in quella cinese, oltre che nella tradizione orale di tutti i popoli.

Il fatto che questo precetto non sia stato sempre rispettato non ha mai portato gli uomini all’idea che bisognasse abolirlo; anzi, le innumerevoli trasgressioni di questo precetto sono state sentite come un’ingiustizia e come una necessità della continua riaffermazione della verità e della giustizia.

Dunque secondo questa legge morale universale l’uccisione dell’essere umano innocente è il delitto per eccellenza, il più grave che l’uomo possa commettere. Tutti gli altri delitti sono considerati inferiori a questo in tutti gli ordinamenti giuridici precedenti alle leggi abortiste.

Con la promulgazione di queste leggi abortiste è dunque avvenuto un rovesciamento radicale dell’ordinamento giuridico dell’umanità: come ha scritto Giovanni Paolo II nella memorabile enciclica Evangelium Vitae si è voluto trasformare il delitto in un diritto e si è preteso che a realizzarlo fosse addirittura lo Stato stesso. Ecco alcune parole chiarissime del grande pontefice:

[…] il « diritto » cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull’inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la «casa comune» dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in Stato tiranno, che presume di poter disporre della vita dei più deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio, in nome di una utilità pubblica che non è altro, in realtà, che l’interesse di alcuni. (EV 20)

Tutto sembra avvenire nel più saldo rispetto della legalità, almeno quando le leggi che permettono l’aborto o l’eutanasia vengono votate secondo le cosiddette regole democratiche. In verità, siamo di fronte solo a una tragica parvenza di legalità e l’ideale democratico, che è davvero tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana, è tradito nelle sue stesse basi: «Come è possibile parlare ancora di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si opera fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni, dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignità è negata?». Quando si verificano queste condizioni sono già innescati quei dinamismi che portano alla dissoluzione di un’autentica convivenza umana e alla disgregazione della stessa realtà statuale. (EV 20)

Rivendicare il diritto all’aborto, all’infanticidio, all’eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà (EV 20).

 

Lo scontro frontale con Dio

Tutto questo non è solo un gravissimo problema etico-giuridico, ma ancor più è un autentico scontro frontale tra l’umanità e Dio quale non si è mai verificato in tutta la storia.

Gli uomini stanno infatti calpestando la legge fondamentale scritta da Dio nei loro cuori: non uccidere. Lo stanno facendo nei confronti delle persone umane più indifese: i bambini nei grembi delle loro madri. E adducono tra le varie ragioni anche quella più odiosa: l’eliminazione dei disabili e dei sofferenti.

L’unica attenuante che forse si può concedere è in molti una non piena avvertenza di quello che sta accadendo; ma rimane una domanda cruciale su di loro e su noi tutti: come possono non vedere l’orrore che si sta compiendo? Come possono dire: “lo dite voi preti che è un omicidio, in realtà non c’è niente di male”? Come possono umanamente giustificare questo sterminio?

E in effetti prima o dopo si rendono conto di questo orrore; ma intanto lo fanno, spinti da falsi maestri e dall’interesse che hanno loro stessi nel farlo.

Sì, c’è un ruolo decisivo dei falsi maestri, come ha fatto notare Giovanni Paolo II (EV 17): schiere imponenti di uomini colti – politici, giornalisti, scrittori, insegnanti, psicologi, medici, e via dicendo – che sanno molto bene quello che stanno facendo; sono persone istruite, ben consapevoli di ciò che accade; e nonostante questo lo vogliono fare deliberatamente, trascinando l’intera società in questa direzione.

Ci chiediamo: può un medico non sapere cos’è un aborto? Può non saperlo un giornalista o uno psicologo o un politico o un insegnante o uno scrittore? Può dire “ma io, veramente, pensavo che fosse una bella cosa”? Può veramente ignorare che si tratta di un omicidio, compiuto in modalità spaventose, nelle proporzioni di uno sterminio di massa, ai danni delle persone umane più innocenti e indifese e bisognose di cura? Può far finta che si tratti di un problema privato e che non siano stati uccisi più di 5 milioni di bambini italiani?

Per molti poi l’opposizione a Dio non è solo ‘implicita’, cioè implicata dal fatto che si rifiuta di obbedire alla sua legge, ma anche ‘esplicita’: si teorizza che l’uomo è pura materia e che Dio è un’invenzione dell’uomo. L’attacco diretto è contro Cristo: si cerca di dimostrare che era solo un uomo, che si era sposato, che non aveva mai detto le cose che la Chiesa dice, e via di seguito. E tutto questo per cosa? Per giustificare il loro potere assoluto sopra gli uomini e poterli usare per i propri scopi. C’è sempre alla fin fine un interesse politico ed economico dietro questo odio contro Dio.

Così l’umanità occidentale sta invecchiando a vista d’occhio e si sta trasformando in una parata di vecchi che fanno finta di essere giovani; ma i veri giovani arrivano da altri popoli: come diceva Gesù: “vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare” (Mt 21).

 

Il lento suicidio

Quest’ultima osservazione ci costringe a riflettere. Siamo di fronte ad un’umanità che sta invecchiando, che uccide i suoi figli, che rifiuta la famiglia, che disprezza Dio e lo respinge via da sé, che cerca continuamente surrogati di felicità pietosi … Qui non siamo solo di fronte ad un’umanità malvagia che uccide i suoi figli per vile interesse, ma ancor più ad un’umanità malata e disperata che si sta suicidando: come una specie di anoressia collettiva, dove ci si lascia morire lentamente, scendendo sempre più nell’abisso della morte, senza neanche chiedere aiuto a qualcuno.

La patologia è tale da rendere l’uomo cieco di fronte alle evidenze più clamorose e decisive: come può l’umanità di oggi guardare le immagini di un feto straziato dopo un aborto e restare indifferente? Come può non sentire un impeto di orrore, di pietà, di pentimento, di pianto, di invocazione? Come può ostinarsi a fare il più atroce dei mali e a volerlo fare sempre di più?

Siamo malati, in modo gravissimo, letteralmente moribondi, e facciamo finta di essere sani.

Questa connotazione patologica, che si può riassumere nei due elementi della ‘cecità collettiva’ e della ‘disperazione collettiva’, pur non giustificando in nessun modo i crimini che l’umanità malata compie, fa sì che Dio manifesti chiaramente nel nostro tempo ancora una volta la volontà di salvare questa medesima umanità: saprà essa accettare la mano che le viene tesa? Saprà permettere a Dio di rinnovare la sua commovente invocazione: ‘Padre perdonali, perchè non sanno quello che fanno’? Saprà cioè accettare di mutare la propria ignoranza assassina in una conoscenza amorosa?

Occorre un miracolo perché questo accada. Dipende molto da tutti noi collaborare con la pietà miracolosa di Dio, pregando e operando per la conversione di tutti.

 

2. Come è stato possibile? La negazione dell’essere

Chiediamoci ora come sia potuta avvenire una cosa simile, cioè una negazione delle verità fondamentali dell’essere e lo scontro diretto con Dio stesso.

Le ragioni e i passaggi storici sono stati molteplici. Concentriamoci qui su due elementi del passato particolarmente vivi nella cultura dominante di oggi.

La svolta etica kantiana ed hegeliana

Ci sono stati due passaggi cruciali nella storia dell’etica moderna che hanno reso possibile il cambiamento radicale della visione della vita e del rapporto con Dio da parte dell’umanità.

Il primo è avvenuto alla fine dell’Illuminismo con il pensiero di Kant. Egli ha infatti formulato in questo modo l’imperativo morale valido per tutti gli uomini:

Agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere sempre, al tempo stesso, come principio di una legislazione universale (Critica della Ragion Pratica)

Sembrerebbe un principio sacrosanto, ma esso fa fuori d’un colpo tutta la morale classica e cristiana fondata sull’essere e non su un imperativo puramente formale. Cioè: per Aristotele come per S.Agostino o S.Tommaso il bene coincide con l’essere; ciò significa che la vita di un uomo è un valore intoccabile perché la persona umana è un ente grandioso, unico e irripetibile, sia come ente materiale che come ente spirituale.

Kant, interpretando perfettamente lo spirito del suo tempo e la tendenza di tutta la cultura dominante europea, rifiuta la dipendenza della volontà da dei contenuti o beni oggettivi: la volontà deve essere totalmente ‘autonoma’, cioè in grado di porre a se stessa le proprie leggi, e non ‘eteronoma’, cioè dipendente da altro da sé. La libertà, secondo il filosofo tedesco, coincide con l’autonomia.

Quindi la volontà, non dovendo dipendere da nessun contenuto con cui  debba fare i conti, deve darsi una legge puramente ‘formale’, libera dal riferimento a dei dati oggettivi, ontologici.

Perciò i ‘valori’ dipendono dalla legge formale: non è un valore in sé la vita dell’uomo, ma viene stabilito o annullato dalla regola formale, cioè dall’imperativo morale sopra esposto.

Così io posso dire che il permesso di uccidere un essere umano prima del parto è giusto perché se venisse permesso a livello universale la società può organizzarsi in modo da fare tutto con ordine e razionalità. Perché questo è importante: che tutto sia fatto con ordine e razionalità, cioè con correttezza formale; altri valori ontologici non esistono.

Qualcuno obietta: ‘se io ammetto l’uccisione dei nascituri come massima universale, allora anch’io posso essere ucciso prima della nascita; quindi non posso ammettere questa massima universale’. Risposta kantiana: ‘tu consideri la tua esistenza come un bene e io non posso accettare questo contenuto o bene, perché voglio la libertà assoluta della volontà’. Si capisce che Kant in questo modo finisce nel baratro del nichilismo, perché se non si ammette nessun ‘bene’ come oggettivo, allora non c’è più nessuna possibilità di fermare una volontà che voglia qualsiasi cosa, anche la distruzione totale.

Tuttavia ai tempi di Kant nessuno si è sognato di legalizzare l’aborto: era troppo viva nella coscienza di tutti l’idea che la persona umana è un valore in quanto tale e non per la regola giuridica formale. Ma ciò non toglie che la morale kantiana è diventata di fatto quella dominante in Occidente, sia nella borghesia illuminista ottocentesca che nelle variegate correnti di pensiero liberale novecentesche.[1]

Il secondo passaggio è avvenuto poco dopo Kant con il filosofo Wilhelm Friedrich Hegel, vero autore della concezione del mondo oggi dominante.

Secondo Hegel esiste uno spirito assoluto che attraverso la storia cerca di diventare cosciente di sé e padrone del proprio destino. Questo spirito assoluto si esprime attraverso l’umanità e si realizza in essa. Hegel lo chiamava Weltgeist, cioè spirito del mondo, o anche Volkgeist, spirito del popolo. Esso si è manifestato nella storia grazie a tanti uomini geniali, che hanno fatto progredire l’umanità; ma la sua piena manifestazione nella storia avviene attraverso lo Stato: con esso infatti lo spirito assoluto organizza il mondo in modo razionale e totale. Perciò quello che decide lo Stato è deciso dallo spirito assoluto. Egli non deve rispettare nessuna norma prestabilita, ma è libero d realizzarsi secondo la sua razionalità intrinseca. Può servirsi di tutto: di leggi, di dittature, di guerre, di rivoluzioni, di conquiste, di democrazie, di leader illuminati, e via dicendo.

Chi dunque si oppone al volere razionale dello Stato si oppone allo spirito assoluto e impedisce il progresso della storia.

Ora, nel momento in cui lo Stato ritiene giusto permettere l’uccisione degli esseri umani innocenti non è più lecito opporsi a questa decisione da parte di nessuno: tutti devono riconoscere che una decisione presa consapevolmente e razionalmente dalla maggioranza ha un valore assoluto, e nessuno può contrastare queste decisioni in nome di principi immutabili. L’unico principio infatti è lo spirito assoluto che si realizza nella storia.

Si tratta della più radicale affermazione di onnipotenza dello spirito umano collettivo, a cui si riconosce non solo il diritto di fare ciò che vuole, indipendentemente da ogni legge divina, ma di essere lui stesso il divino che stabilisce le leggi.

Sul pensiero hegeliano si sono fondati tutti i sistemi totalitari del Novecento: il sistema marxista-leninista, quello nazista e quello fascista. Ancor più sul pensiero hegeliano si fonda tutta la massoneria: essa infatti ritiene che il mondo sia opera di un ‘grande architetto’ il cui spirito si manifesta nell’umanità e soprattutto in coloro che sono chiamati a guidarla.

Non è dunque un caso che la prima legalizzazione dell’aborto nella storia sia stata fatta da Lenin e la seconda da Hitler, mentre oggi la causa dell’aborto trova il suo centro di potere decisivo negli Stati Uniti, sede mondiale della massoneria e punto di riferimento ideale per tutti gli abortisti del mondo.

La riduzione materialistica

Parallelamente all’affermarsi dell’etica kantiana ed Hegeliana un altro fattore ha contribuito in maniera decisiva a far sorgere l’idea che l’uccisione dell’uomo innocente sia giusta: il materialismo.

In base a questa visione della realtà l’uomo non sarebbe altro che un agglomerato di cellule e di componenti chimici. Dunque la sua uccisione non costituisce un problema etico, ma solo pratico: se la società si organizza adeguatamente ed ha delle ragioni pratiche per volere questo obiettivo lo può fare senza problemi di sorta.

Ora, chiunque ragioni minimamente sulla natura umana e consideri il fatto del pensiero, delle idee universali, dell’esigenza della verità, della bellezza, della giustizia, della libertà, dell’infinito, può raggiungere facilmente l’evidenza che la persona umana non si riduce alla dimensione materiale ma è costituita da una entità di natura superiore che chiamiamo spirito. Ciò è dimostrabile in modo rigoroso se si intraprende seriamente un lavoro di riflessione filosofica, ma anche scientifica, medica, sociologica, psicologica, culturale, religiosa, e via dicendo. Il materialismo cerca di difendersi usando certi risultati delle neuroscienze, ma in realtà sono proprio essi che mostrano l’insufficienza dei dati materiali per spiegare le dimensioni decisive della persona.

Il successo del materialismo è dunque di facciata, come un gigante dai piedi di argilla che cade sotto i colpi di chiunque abbia un minimo di buon senso o di conoscenze metafisiche. Tuttavia esso non fa fatica ad imporsi in un mondo superficiale e confuso come il nostro.

 

3. La via di uscita

Cerchiamo infine di individuare la possibilità di una via di uscita da questa situazione tragica.

La riscoperta dell’essere e del suo ordine di valori ontologici

L’umanità dunque si è allontanata dalla verità, dall’essere, dal bene, dalla vita, dalla luce, dall’amore. Ciò che le resta da fare allora è molto semplice: ritornare alla verità, all’essere, al bene, alla vita, alla luce, all’amore. Si chiama ‘conversione’. Badiamo bene che dicendo verità, essere, bene, vita, luce e amore noi diciamo Dio, perché Egli è questo.

L’uomo deve riscoprire la verità oggettiva su Dio, sull’uomo, sulla realtà.

E’ la ragione che ci chiede di fare questo ritorno. Non è un problema di etica, ma di ragione, di desiderio, di libertà, di pienezza dell’essere.

L’uomo deve dunque riscoprire una visione del mondo radicalmente diversa da quella in cui siamo finiti. Deve rendersi conto che è la ragione ad esigere questo riconoscimento della verità.

Vorrei come esempio luminoso citare alcuni insegnamenti di Antonio Rosmini, il grande filosofo moderno dell’essere. Confutando il pensiero di Kant, di Hegel e dei materialisti, egli ha dimostrato con evidenza direi schiacciante la natura spirituale dell’uomo e il suo essere in rapporto con l’Infinito, cioè con Dio. Così egli ha dimostrato che l’uomo ha un valore immenso, fin dal suo misterioso concepimento, e che esiste una legge morale eterna e indistruttibile che ogni uomo e ogni società è chiamata a rispettare.

Accanto a lui anche altri grandi filosofi come Vladimir Solov’ev e Edith Stein hanno raggiunto le stesse conclusioni; altri ancora, come John Newman, Edmund Husserl, Gabriel Marcel, Emmanuel Mounier, Pavel Florensky, Karol Wojtyla, Max Horkheimer e tanti altri hanno confermato nei loro settori di ricerca le affermazioni della metafisica cristiana. Sarebbero poi da citare numerosissimi scienziati, letterati, studiosi vari e santi che hanno ribadito le medesime verità. Infine ciascuno di noi potrebbe e dovrebbe dare il suo contributo di esperienza nella ricerca e nella scoperta del mistero grandioso dell’essere e delle sue verità.

 La coscienza del valore ontologico dell’uomo

Per tornare all’esempio di Rosmini, mi sia concesso citare alcune sue affermazioni sulla questione del valore dell’uomo.

Anzitutto Rosmini dichiara la ragione per cui l’uomo ha un valore ontologico enorme. Nell’uomo infatti c’è un elemento divino:

[…] questo elemento divino è appunto il lume della ragione che risplende nell’uomo, l’essere ideale che illumina la sua mente, e che scrive continuamente nel suo cuore la legge eterna; perocché l’essere ideale è eterno, necessario ed infinito; e sebben si comunichi all’uomo, non è l’uomo, ma è un’appartenenza di Dio stesso, che le Scritture chiamano «splendore del volto di Dio segnato sopra di noi». […] Per questo […] «l’uomo è fatto ad immagine e similitudine di Dio» (1). (Comp. Et., n.102)

Perciò Rosmini deduce la necessaria conclusione:

[…] ogni essere intelligente ha un prezzo intrinseco ed assoluto, in quanto contiene in sé l’elemento divino, e in quanto è ordinato naturalmente (per dono poi gratuito anche soprannaturalmente), a fruire di Dio medesimo; (Comp. Et., n.104)

Tutto ciò mostra che l’uomo, conoscendo la legge eterna e l’essere infinito, si trova di fronte alla verità oggettiva, che non dipende da noi e dalla quale invece noi dipendiamo:

L’etica da sola sta da sé altissima sopra tutte le altre scienze, ed assoluta […] guarda le verità eterne, impassibili, le quali dimandano riverenza e ubbidienza incondizionata […] per una ragion semplice, irrepugnabile, evidente, che in esse luce. (Principi della scienza morale

L’uomo dunque non può fare dell’essere quello che vuole. Deve invece riconoscere l’essere, nella sua infinità, e amarlo:

[…] la formola della morale è l’amore universale, l’amore di tutti gli esseri, di tutti i beni, l’amore che tanto si stende quanto si stende la cognizione, cioè a dire all’infinito (Princ. Sc. mor., cap.IV, art.V, p.107);

Di più, dice Rosmini, l’uomo deve riconoscere l’essere nel suo ordine e amarlo secondo questo ordine:

[…] il lume della ragione e della volontà umana è l’essere; quindi  […] il principio dell’Etica può anche esprimersi così: «riconosci l’essere qual è nel suo ordine». […]. (Sist. filos., n.217)

Arriva così a formulare l’imperativo morale in modo completamente diverso da Kant:

[…] il principio della moralità: ‘Vuogli, ossia ama l’essere ovunque lo conosci, in quell’ordine che egli presenta alla tua intelligenza’ (PSM)

E spiega:

[…] chi ama l’essere, ama necessariamente secondo l’ordine dell’essere: che chi ama disordinatamente, non ama, ma veramente odia l’essere. E in vero così è. Se io, a ragione d’esempio, amassi più le cose che le persone, odierei l’essere. (Princ. Sc. mor., cap.VII, art.VI, p.153)

Riconoscere l’essere nel suo ordine oggettivo significa riconoscere la verità delle cose:

[…] la verità è il principio della morale: e … il riconoscimento della verità (cognizione diretta) è il sommo genere dei doveri, e l’atto proprio ed essenziale della moralità (Princ. Sc. mor., cap.V, art.V, p.138)

Dunque, se la persona umana é, dopo Dio, il valore supremo che si trova nell’universo, si impone questo dovere:

[…] si dee trovare nell’altre persone il dovere morale corrispondente di non lederla, di non fare pure un pensiero, un tentativo volto ad offenderla o sottometterla, spogliandola della sua supremazia naturale, come si scorge applicando il principio morale da noi stabilito «di riconoscere praticamente le cose per quelle che sono». Dunque la persona ha nella sua natura stessa tutti i costitutivi del diritto: essa è dunque il diritto sussistente, l’essenza del diritto”. (Filosofia del Diritto, vol. I, 49-52)

Altrove Rosmini spiega che la persona umana possiede questo valore supremo fin dal suo concepimento. Perché? Perché l’elemento divino che porta in sé – cioè il lume dell’essere ideale eterno, necessario ed infinito – non può derivare da nessun fattore biologico e materiale e non è soggetto a nessuna evoluzione, ma è immutabile in ogni uomo; quindi esso si trova nell’uomo fin dal primo istante della sua esistenza.

La conseguenza per la politica

Tutto questo deve avere una conseguenza diretta sul piano sociale e politico. La coscienza del valore ontologico della persona umana deve determinare tutte le leggi dello Stato. Ecco ancora il chiaro pensiero di Rosmini in proposito.

[…] la società civile sia istituita unicamente per tutelare tutti i diritti delle famiglie e degl’individui che le compongono e che hanno titoli anteriori alla stessa società civile, e per tutelarli deve considerarli, e considerare i fatti sopra cui si fondano: ché il non considerare questi fatti, e promulgare leggi indipendenti da essi è un distruggere e un annullare i detti diritti, non un tutelarli e custodirli. Onde in tal caso la legge diventa non solo dispotica e tirannica, ma; un vero ladroneccio ed assassinio organizzato […].

2º Perché crediamo che i legislatori non possono creare diritti che vadano menomamente in collisione coi diritti preesistenti degli individui e delle famiglie a cui danno leggi; onde riteniamo che i legislatori umani non abbiano che poteri limitati, e che essi e le leggi stesse siano ingiuste e tiranniche, quando trapassano tali confini. I regni e i governi civili, scriveva il gran vescovo d’Ippona, rimossa da essi la giustizia, altro non sono che magna latrocinia.

3º Perché crediamo, che le leggi debbano posare sul solido fondamento della verità e non sulle finzioni. Tutto quello che non ha per fondamento la verità, è turpe, passeggiero e dannoso; e le leggi non si fondano sulla verità, se non si fondano su fatti reali, ma su astrazioni chimeriche, concetti indeterminati, parole senza senso, come son quelle che si usano ad ingannare i popoli. I nostri legalisti vi fanno credere che i legislatori possano fare qualunque legge essi vogliano, e che qualunque legge, giusta ed ingiusta, debba essere adorata, e sia un ribelle colui che non l’adora, e si possa infierire contro costui qual violatore della maestà delle leggi. Noi all’incontro riputiamo con tutti i maggiori pubblicisti e con tutti i Padri della Chiesa che le leggi ingiuste non sieno leggi, e per usare delle parole di S. Tommaso di Aquino: huiusmodi magis sunt VIOLENTIAE quam leges (Leg. Civ. Matr. Crist., nn.49-50; in Del matrimonio, Roma, Città Nuova Editrice, 1977)

Mi meraviglio molto che molti che oggi si dicono studiosi di Rosmini aderiscano a partiti politici che sostengono esattamente il contrario di quanto abbiamo appena letto.

Che fare: il coraggio della verità

Dunque, in conclusione, che fare?

Individuiamo quattro comandamenti fondamentali:

1. Dichiarare apertamente la verità: farla conoscere e applicare

2. Pregare ardentemente perché l’umanità sia liberata dalla spirale della menzogna e del peccato

3. Impegnarsi nella nuova evangelizzazione

4. Realizzare opere di carità in difesa della vita e della famiglia

Riguardo al primo comandamento sulla verità esso comporta:

a) – far conoscere la verità sull’uomo, sull’essere, sulla vita, sulla legge morale stabilita dal Creatore: ecco il compito di una rivista come questa e dei mass media in genere;

b) – chiedere insistentemente l’abrogazione delle leggi abortiste e la promulgazione di nuove leggi in difesa della vita e della famiglia;

c) – si dichiari apertamente che sono da scartare tutti i partiti e i candidati che non accettano i valori non negoziabili e non si impegnano per essi.

d) – Avviare una sistematica opera educativa della gioventù sulle tematiche della vita, dell’amore, della concezione dell’uomo;

e) – Dare la massima diffusione ai grandi testi su queste verità: Magistero dei Papi, scrittori autentici, opere classiche, etc.

f) – non si metta a tacere l’argomento dell’aborto e dello sterminio degli embrioni e dell’eutanasia, ma se ne parli continuamente, senza paura di seccare gli altri; si suonino le campane delle Chiese per far sapere che stanno uccidendo gli innocenti.

g) – si facciano manifestazioni pubbliche clamorose e numerose (come la marcia per la vita) per esigere il rispetto della vita e la cancellazione delle leggi abortiste (“Chi si vergognerà di me davanti agli uomini, anch’io mi vergognerò di lui davanti al Padre”: Mt 10).

Riguardo al secondo comandamento sulla preghiera:

a) – si preghi singolarmente, in famiglia e in comunità per questo;

b) – si facciano gesti specifici: il Rosario per la Vita e la Santa Messa per la Vita;

c) – si facciano pellegrinaggi ai luoghi che aiutano a realizzare una conversione radicale.

In ogni caso ci si convinca che la preghiera è fondamentale, necessaria  e molto più efficace di quanto non pensiamo usualmente.

Riguardo al terzo comandamento sulla nuova evangelizzazione:

a) – si offra ai giovani la possibilità di fare una esperienza cristiana viva, comunitaria, carica di ragioni, che mostri di essere la risposta piena all’attesa e al desiderio dell’uomo;

b) – si annunci apertamente il Vangelo e si offra a tutti la possibilità di riscoprire Cristo, trovando chiese dove si prega di più e si fa più vita comunitaria.

c) – ciascuno si impegni nella missione nel proprio ambiente di vita e di lavoro, insieme con gli altri cristiani;

d) – ciascuno preghi e si impegni per la missione ad gentes nel mondo.

Riguardo al quarto comandamento sulle opere di carità:

a) – quelli che possono portino avanti i Centri di Aiuto alla Vita;

b) – c’è bisogno di case di accoglienza che non siano legate eccessivamente ai servizi sociali, ma siano espressione della carità diretta del popolo di Dio;

c) – si condividano maggiormente le risorse con coloro che sono in difficoltà: le famiglie ricche aiutino quelle povere in modo più concreto, non solo con piccole elemosine.

 


[1] L’affermazione kantiana dell’esistenza di Dio e del premio ultraterreno ha mitigato gli effetti del suo assoluto formalismo etico; sarà con Nietzsche che si affermerà l’abbattimento di tutti i valori e il nichilismo, benchè la posizione vincente oggi come conseguenza di questi precedenti storici è il relativismo etico.

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