Chopin, l’Arte del sentire

Spesso sento il bisogno di sentire. Di fuggire, di trovare forme di ebbrezza in mondi paralleli immuni dal banale e dal grottesco che imperano al di fuori e a volte dentro di me. Per uscire dal grigio involucro che mi impone di tanto in tanto la vita, una temporanea via di fuga è l’immersione nell’arte. E quale immersione è più piacevole dell’immergersi nella musica?
Ecco, ascoltare i Nocturnes di Chopin mi fa sentire. Li sento. Come l’acqua turchese del Mediterraneo che abbraccia il corpo dopo un tuffo o il rapimento estatico di un inebriante profumo che si propaga nell’aria dal corpo di una donna, sentire la musica di Chopin mi da la sensazione di un contatto quasi carnale con qualcosa che mi avvolge.

E’ il sentimento che volteggia eloquente tra le note, quasi fossero parole che si intrecciano in forma poetica nell’aria per poi elegantemente depositarsi nel mio essere, invisibili ma più che mai presenti. Con un significato penetrante, gocce di essere cadono sul mio essere. La bellezza dell’arte di Chopin sta proprio in questo, è estetica pura.
Estetica nel senso profondo e originario del termine, Aisthesis, sentire.
Non si capisce Chopin, si sente. O meglio non mi interessa assolutamente capirlo, perché lo sento. E vive una vita estetica chi sa rinunciare a capire quando sente. Percepisco nella sua musica ogni singola tensione, vibrazione, inclinazione, sfumatura dell’anima, il suo sentire. Questa è vera poesia. Anzi è vera Arte. Chopin trasferisce il suo sentire nella propria arte in modo che questa possa poi vivere da sola anche senza di lui, parlare a chi la contempla, a chi la ascolta. E laddove l’artista ha trasposto parte del suo vivere nella propria opera attraverso la nota, il pennello o la parola, l’opera vive, vive di tutte le palpitazioni del suo essere per sempre. Il vero artista è questo, colui che fa vivere se stesso nella propria arte facendo vivere la propria arte per gli altri. E il vivente sente il vivente.

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