Ungheria 1956: chi tifava per i carri armati sovietici

La festa del 25 aprile è un classico caso di appropriazione indebita. Se la sono presa i comunisti, facendo dimenticare tutti i partigiani che non erano comunisti, ma cattolici, monarchici, socialisti moderati ecc..; occultando tutte le porcherie che fecero i partigiani rossi, come pure il fatto che il loro sogno era sostituire la dittatura fascista con quella comunista, il nero con il rosso.

Sono sempre stati maestri di propaganda e di menzogna. Ed hanno sempre occupato i posti chiave del paese. Nell’articolo qui sotto Paolo Mieli, figlio di un senatore comunista, ricorda cosa raccontarono i giornali comunisti italiani al tempo in cui i carri armati sovietici schiacciavano gli operai ungheresi, nel 1956. Scopriremo che Pertini e Napolitano, entrambi presidenti della nostra repubblica, sono stati fans dei carri sovietici…

 

I «fatti» sono noti. Nel 1956, a seguito del XX Congresso del Pcus, quello in cui Kruscëv denunciò i crimini di Stalin, nei Paesi dell’ Europa orientale si ebbero una serie di piccole e grandi rivolte da parte di popoli che chiedevano libertà e democrazia. Il 23 ottobre si mosse l’ Ungheria, con una gigantesca manifestazione a Budapest. L’ Unione Sovietica reagì inviando i suoi carri armati. Si insediò un governo guidato dal comunista riformatore Imre Nagy. Ma i nuovi progetti di democratizzazione preoccuparono ancor più l’ Urss, la quale il 4 novembre spedì l’ Armata rossa a deporre Nagy (che due anni dopo verrà messo a morte) e a reprimere i moti. Il Partito comunista italiano – a dispetto di alcuni suoi intellettuali che solidarizzarono con gli insorti – non ebbe esitazione, per via della risolutezza in tal senso del segretario Palmiro Togliatti, ad appoggiare la scelta di Mosca. E bollò quelli che da allora furono definiti, con un eccesso di eufemismo, i «fatti di Ungheria» come un tentativo controrivoluzionario contrastato dall’ «aiuto fraterno» dell’ esercito che aveva sconfitto i nazisti. La parola «fatti» come sinonimo di «invasione» tornerà ancora più e più volte sulla stampa del Pci. Addirittura nel gennaio 1969 – quando il giovane Jan Palach si diede fuoco per attirare l’ attenzione internazionale sul regime dispotico instauratosi in Cecoslovacchia a seguito dell’ ingresso, il 21 agosto precedente, dei carri armati russi – l’ «Unità», organo di un Pci che pure aveva espresso una cauta riprovazione per l’ accaduto, scriverà che il ragazzo aveva voluto protestare «contro l’ attuale situazione politica nel Paese, determinatasi dopo i fatti di agosto». Tornando all’ Ungheria, sotto il profilo storico non c’ è molto di più da scoprire…O meglio, qualcosa meriterebbe di essere approfondito: ciò che ne scrissero giornali e periodici del Pci o ad esso riconducibili.

Ed è questo il lavoro al quale si è accinto con grande scrupolo ed eccellente mestiere Alessandro Frigerio con un risultato che lascerà un segno: il libro, venuto fuori da questa ricerca, si intitola Budapest 1956. La macchina del fango. La stampa del Pci e la rivoluzione ungherese: un caso esemplare di disinformazione, ed è edito da Lindau. Quella ungherese è stata infatti una «rivoluzione calunniata» (così la definì già nel 1996 Federigo Argentieri, in un volumetto che divenne un piccolo caso dal momento che fu pubblicato dall’ Arca, società editrice dell’ «Unità»). Ed è di grande interesse rivisitare merito e metodo di quelle lontane diffamazioni. L’ intervento dei carri armati russi, scrive Frigerio, fu difeso a spada tratta grazie alla «volontaria complicità» della maggior parte del mondo culturale che gravitava intorno al Pci. Difeso «anche quando era ormai evidente che l’ esercito sovietico stava schiacciando una rivoluzione di popolo in cui l’ unica vera contaminazione non era rappresentata da fantomatiche forze restauratrici, bensì dai consigli operai». Fino al 23 ottobre, il giorno della grande manifestazione a Budapest, la percezione dell’ «Unità» di quel che stava accadendo in Ungheria fu (o volle essere) nulla. Quello stesso 23 ottobre un breve articolo in pagina interna dava notizia in modo anodino di una discussione all’ università di Szeged e veniva segnalato un dibattito «vivace» tra gli studenti al Politecnico della capitale ungherese. Il 24, tra le quattro edizioni dell’ «Unità» (romana, milanese, torinese e genovese) quella più decisa nel lanciare l’ anatema contro l’ inizio della rivolta fu «l’ Unità» di Milano, diretta da Davide Lajolo, con il titolo «Tentativo reazionario di distorcere il processo di democratizzazione. Scontri nelle vie di Budapest provocati da gruppi armati». L’ edizione torinese, diretta da Luciano Barca, fu molto più cauta. Un articolo di Adriana Castellani raccontava di giovani «scalmanati» e «facinorosi» che avevano dato l’ assalto alla sede della radio di Stato, fronteggiati da poliziotti dal «contegno calmo». Quel giorno, il 24, ci fu l’ ingresso dei carri armati russi e, l’ indomani, «l’ Unità» di Milano titolò: «Il governo ha fatto appello al popolo contro il tentativo di una restaurazione reazionaria. I controrivoluzionari si arrendono a Budapest dopo i sanguinosi attacchi al potere socialista». Stavolta l’ edizione torinese fece un titolo ugualmente allarmato. Già quel giorno comparve l’ evocazione dell’ ammiraglio Miklos Horthy, che nel 1919 aveva travolto il regime comunista di Béla Kun, e aveva poi governato l’ Ungheria tra le due guerre, per schierarsi infine a fianco dell’ Italia fascista e della Germania nazista. All’ eredità di Horthy, secondo il quotidiano comunista che di ciò non portava nessuna prova (e non avrebbe potuto dal momento che di evidenze non ce n’ era neanche una), avrebbero fatto riferimento gli studenti in rivolta. Il direttore dell’ «Unità» di Roma, Pietro Ingrao ammetteva la possibilità del dubbio («Domani si potrà discutere e anche differenziarsi sui modi e sui tempi della rivoluzione socialista»), ma aggiungeva che «quando crepitano le armi dei controrivoluzionari, si sta da una parte o dall’ altra della barricata»: in poche parole che bisognava schierarsi a favore dell’ invasore russo. Ingrao, in seguito, tornerà su quell’ articolo: nel 1986 (trent’ anni dopo) concederà che tra coloro che si opponevano all’ Urss, insieme ai reazionari, c’ erano persone rimaste «fedeli agli ideali socialisti»; nel 2001 definirà «pessimo» (e qui di anni ne erano trascorsi 45) quel suo articolo di fondo del 1956. Ma l’ editoriale di Ingrao non fu la cosa peggiore pubblicata sulla stampa comunista in quella circostanza. Le cronache del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, scritte da Praga, erano firmate da Orfeo Vangelista, il quale sostenne subito che il movimento di rivolta rivelava «una chiara impronta provocatoria» e che dietro quelle masse in ebollizione si intravedeva nitidamente la regia di «forze non solo interne ma straniere».

Niente di questo, sia detto per inciso, fu poi provato. Vangelista scrisse il primo giorno (quando ancora si pensava che la rivolta non fosse contro il partito comunista ungherese) che i manifestanti del 23 ottobre erano stati centomila; il giorno successivo sostenne che erano stati diecimila. Poi iniziò a parlare dei «massacri di comunisti»: «gruppi di squadristi», scriveva, «sono penetrati nelle abitazioni dei dirigenti sindacali e di partito e li hanno tirati fuori trucidandoli davanti alle porte di casa». Nessun cenno agli spari sulla folla da parte della polizia politica. Secondo «l’ Unità», già la sera del 24 ottobre l’ ordine era stato ristabilito a Budapest e nella titolazione di prima pagina del 25 – a differenza di quel che già era pubblicato sui giornali di tutto il mondo – non si faceva menzione dell’ intervento sovietico. Mentre veniva costituito il governo presieduto da Imre Nagy, «l’ Unità» sentenziava: «Il fatto che la sommossa controrivoluzionaria sia stata sconfitta, non può che essere salutato da ogni democratico sincero». Non si parlava sul giornale comunista né dei «consigli operai» né del fatto che alcuni reparti dell’ esercito si erano schierati a fianco dei manifestanti. In occasione dell’ assalto alla sede della radio, il quotidiano del partito di Togliatti ometteva di menzionare le vittime provocate dalla polizia del regime. Tutti i morti venivano messi nel conto delle «sparatorie dei rivoltosi». A questo punto si pone una domanda: era possibile, già in quei giorni, conoscere e capire quel che stava realmente accadendo in Ungheria? Sì, gran parte dei giornali anglosassoni e dei più importanti quotidiani italiani pubblicavano cronache sufficientemente obiettive…Una corrente filocomunista di dirigenti del Psi, che appoggiavano i carri armati sovietici (e che perciò furono detti «carristi»), si manifestò fin dall’ inizio. Ma grande fu la sorpresa quando al loro fianco si schierò Sandro Pertini (ed anche Giorgio Napolitano, ndr), il quale sostenne che in Ungheria i comunisti venivano «torturati, trucidati, impiccati», per poi giungere a questa conclusione: «Se tacessimo considerando questa bestiale reazione una logica conseguenza delle responsabilità dei dirigenti comunisti da noi tempestivamente denunciate, cesseremmo di essere socialisti, e diverremmo, sia pure inconsapevolmente, complici della reazione che in Ungheria tenta di riaffermare il suo antico potere».

Pertini faceva poi appello alla «solidarietà di classe che ogni socialista deve sentire in ogni circostanza, ma in modo particolare quando sulla classe operaia sovrasta la tempesta, perché è troppo agevole essere con la classe operaia soltanto nelle giornate di sole». Numerose furono le esagerazioni e (spesso) i veri e propri falsi. «L’ Unità» diede notizia dell’ assalto a «Szabad Nép», organo del partito comunista ungherese, nel corso del quale sarebbero stati uccisi «tutti i redattori» (in verità ci fu soltanto un morto, vittima di un colpo partito accidentalmente). Il quotidiano annunciava l’ uccisione del campione di calcio Ferenc Puskas «caduto in combattimento contro gli insorti» (anche questa notizia si rivelò infondata). L’ organo del Pci pubblicava in prima pagina una foto del capo della polizia di Mosonmagyarovar ricoverato in un ospedale dal quale, riferiva la didascalia, sarebbe stato successivamente prelevato per essere linciato (omettendo il particolare che quell’ uomo due giorni prima aveva ordinato ai suoi di aprire il fuoco sulla folla). Si dava la notizia (non vera) che in Ungheria «avrebbero tentato di atterrare aerei provenienti dall’ Occidente portanti armi per i rivoltosi». Anzi si specificava che «in parte sarebbero già atterrati in diverse località». Si parlava (Giuseppe Boffa, da Mosca) di migliaia di quadri del partito comunista ungherese «assassinati, squartati, impiccati, decapitati, bruciati vivi dalle squadre di rivoltosi più ferocemente oltranzisti e fascisti» (al processo contro Nagy, il partito comunista ungherese dirà ufficialmente che gli uccisi dai «controrivoluzionari» erano stati in tutto 234).

Dell’ odissea che condurrà Imre Nagy (sequestrato dai sovietici dopo la seconda invasione) al patibolo, l’ «Unità» dipingerà un quadretto idilliaco: il deposto capo del governo e i suoi collaboratori erano «partiti in autobus per concedersi un periodo di riposo in Romania»; poi Nagy si era trovato in compagnia di amici «in un’ amena località in Transilvania», e una persona di fiducia avrebbe telefonato per tranquillizzare i suoi familiari circa la sua «ottima sistemazione», il suo «buon umore», il «tempo magnifico dei Carpazi» e persino «la sua soddisfazione di essere lontano dagli avvenimenti ungheresi». E quando Nagy verrà ucciso, Luigi Pintor rimprovererà al socialdemocratico Paolo Rossi di aver manifestato il proprio cordoglio senza «dire una parola sui torturatori algerini» e ai democristiani, «soddisfatti che i crocefissi abbelliscano le galere spagnole», di essersi «sbracciati per l’ esecuzione dei capi rivoltosi in Ungheria», creando così «un fronte politico con i fascisti repubblichini». A differenza del modo di argomentare di dirigenti del Pci come Antonio Giolitti e Fabrizio Onofri, quanto meno dubbiosi nei confronti delle scelte compiute dal segretario del partito, la polemica dei seguaci di Togliatti fu bestiale…I grandi nomi della cultura, però, si schierarono tutti (o quasi) dalla parte di Togliatti. Concetto Marchesi: «Alla cagnara reazionaria, clericale e fascista che si è scatenata sui fatti di Ungheria non intendo associare la mia voce; se taluni comunisti lo hanno fatto, tanto peggio per loro e tanto meglio per il nostro partito». Lucio Lombardo Radice, con uno sperimentato artificio retorico, così si rivolse a un «professore universitario ungherese» che avversava gli insorti: «Compagno, oggi io non posso pronunciare per intero il tuo nome su queste colonne, sulle colonne dell’ “Unità”, potrebbe forse significare la tua condanna a morte da parte dei gruppi armati dell’ estrema destra. non voglio essere io, io che oggi non penso che a te, fratello e compagno, a indicarti agli assassini»…

Su «Vie Nuove», il dirigente del Pci Velio Spano ebbe l’ idea di raccontare di (inesistenti) «teste di comunisti mozzate ed esposte come trofei sulle picche». E quando, dopo la seconda invasione sovietica, molti ungheresi cercarono di lasciare il Paese, «l’ Unità» parlò di «una minoranza che, resasi colpevole di massacri o presa dal panico, cerca oggi di fuggire dall’ Ungheria». Possibile che nessuno si accorgesse dell’ enormità di questi toni e di questi argomenti? Lo scrittore Carlo Cassola si allarmò per questo modo di «difendere» l’ Urss e così scrisse ad Antonello Trombadori, in una lettera privata che sarebbe stata resa pubblica molti anni dopo da Paolo Spriano: «Vi rendete conto che siamo ormai alla svolta, al punto critico? Non credo che i dirigenti di un partito, i quali definiscono “bande armate controrivoluzionarie” i rivoltosi di Budapest, possano essere più creduti da nessuno. nessun governo che si metta contro quella che è l’ evidente volontà del popolo ungherese, e tacci di fascisti gli operai, gli studenti e i soldati, può restare in piedi ventiquattr’ ore; cos’ hanno nel cervello Togliatti e compagni?».

Sbagliava. Purtroppo. Allo stesso Trombadori scriverà Togliatti, per lamentarsi del fatto che i comunisti dell’ Einaudi, con in testa Italo Calvino, avevano preso posizione contro l’ invasione sovietica: «I controrivoluzionari della cellula Einaudi di Torino», li definirà il segretario del Pci. Nelle sue memorie Davide Lajolo, che in anni successivi dirà di aver nutrito qualche perplessità sulla linea scelta da Togliatti, racconterà che ogni mattina si affacciava alla porta della sua stanza Salvatore Quasimodo e gli diceva: «Tieni duro!». Invano su «Mondo Operaio» – rivista dalle cui pagine Franco Fortini osò polemizzare direttamente con Togliatti – l’ intellettuale magiaro Tibor Méray avvertiva: «Non uno degli scrittori deportati o internati è stato seguace del cardinale Mindszenty, non uno che sia un fascista, un legittimista, un horthysta». E infatti molti tra i leader della protesta avevano partecipato alla Resistenza e i più giovani erano operai iscritti al partito. Niente da fare. Particolare esecrazione è mostrata dall’ «Unità» per i membri del Consiglio operaio in rivolta. Con un clamoroso capovolgimento, gli operai di Budapest («elementi declassati, divenuti operai negli ultimi anni», si minimizzava) che avevano aderito in massa alla rivoluzione erano accusati di aver spalancato le porte ai nemici di classe, e nel contempo venivano elogiati contadini e piccoli proprietari rimasti in disparte (anzi, secondo «l’ Unità», erano stati «i primi ad invocare l’ adozione di drastiche misure contro coloro che minacciavano di aprire la strada al ritorno del feudalesimo»). I giovani operai vengono definiti «giovinastri», «sfaccendati», reclutati da «ufficiali horthysti» in ragione del loro «primitivismo» e «infantilismo politico». Stesso discorso vale per i loro coetanei italiani, studenti che «hanno disertato le aule per inscenare una manifestazione» unendosi ad «alcuni gruppi di persone estranee alla scuola

Mieli Paolo

Pagina
(3 aprile 2012) – Corriere della Sera

 

 

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53 pensieri riguardo “Ungheria 1956: chi tifava per i carri armati sovietici”

  1. Strano che Paolino se ne esca ora con Ungheria ’56. Forse il governo del presidente comincia a stare stretto anche ai giornali “seri”.

  2. Forse è solo un omaggio al padre : uomo dei servizi britannici al seguito degli alleati durante la campagna d’Italia, si faceva chiamare capitano merryl. Poi prese l’identità di Renato Mieli e militò nel partito comunista italiano fino ai fatti d’Ungheria. Strane storie, strani parti sia per il padre che per il figlio…
    Paolo

  3. Toh, vedo con piacere che qualche lettore conosce gli “Adelphi”…
    PS Renato era grande amico degli Agnelli…

  4. salve
    nulla che non si sapesse già…sto leggendo “I vinti non dimenticano” di G.Pansa (dopo aver letto tonnellate di libri sulla Guerra Civile Italiana scritti da ambo le parti) e si conferma in me la certezza su quale fosse la parte in cui militare…non quella vermiglia: delinquenti, ladri, stupratori, assassini, torturaturi, bugiardi e quanto di peggio il genere umano a volte genera.
    Buon San Marco Evangelista a tutti
    Piero e famiglia

  5. salve
    Alvaro: era il Sangue dei Vinti, ma ci siamo capiti lo stesso.
    Buon San Marco anche a te
    saluti
    Piero e famiglia

  6. Caro Reginaldo,
    conosco gli” Adelphi della dissoluzione”, bravo! Hai indovinato! Anche se, per evitare che laicisti dallo spirito forte liquidino il tutto come complottismo, oggi preferisco rifarmi a” Il golpe inglese”, edito da “Chiarelettere”, editore di sinistra e scritto sulla base di documenti dei servizi inglesi, dal fascismo agli anni ’70, desegretati da svariati anni sui quali, nessuno, si capisce bene il perché ,aveva mai indagato. Qui la figura del capitano Merryl, poi divenuto Renato Mieli, è molto ben descritta. Ci sono i nomi di decine di “contatti” inglesi dal giornalismo all’Università. Di uno di questi sono stato allievo e scriveva su il “Manifesto” e “Repubblica”, Concordo pienamente con le considerazioni di Alvaro sul mondo comunista, con un piccolo distinguo. Apprezo le posizioni di alcuni suoi ex dirigenti come il filosofo Costanzo Preve e di qualche altro sparuto pensatore marxista-leninista che ha posizioni analoghe. Preve in un recente articolo ha scritto che se fosse stato francese avrebbe votato per Marine Le Pen. E ne spiegava con estrema logica i motivi.
    Lui non vota dal’94, perchè dal ’92 ad oggi l’Italia ha subito un colpo di stato mediatico giudiziario.
    Purtroppo c’é qualche ottuso che ancora non lo capisce e viene a provocare su questo sito.
    Con marxisti simili, ritengo necessario fare un pezzo di strada insieme per evitare l’instaurarsi del regime tecnocratico che ci sta portando alla miseria per garantire le banche d’affari statunitensi.
    Poi, a missione compiuta, ci si dividerà civilmente ed ognuno si batterà per i suoi valori.
    Ora, il nemico numero uno è la tirannide del capitalismo finanziario. Avete letto? Monti ha dichiarato che i suicidi in Italia sono stati pochi! Questo cinismo incredibile non è stato criticato da nessun quotidiano o TG! “Famiglia Cristiana”, meglio nota come “Fanghiglia Cristiana” Copyright “Dagospia”, come mai tace? Faccio presente che la politica che Monti ci sta propinando, in Grecia è iniziata con due anni d’anticipo, quindi “Rigor Montis”, che tra l’altro ha anche l’aspetto di un impresario di pompe funebri, sa benissimo che possiamo battere il loro triste primato.
    Paolo

  7. Caro Paolo,
    ringrazio delle pregevoli riflessioni su cui concordo e dell’indicazione bibliografica (Il golpe inglese), che non conoscevo.
    Ovviamente il colpo di stato mediatico giudiziario è soltanto una delle tristi tappe che hanno segnato la distruzione dapprima spirituale e poi anche materiale (un satanico itinerario antievangelico) di questa sciagurata società.
    Su Fanghiglia non c’è da stupirsi più di nulla, da quando ci ha propinato in prima pagina l’orrendo faccione del doppio scomunicato comunista con visto permanente per gli USA.
    Cari saluti.

  8. Ciao, sono l’ottuso. :) Una semplice domanda a Paolo: il golpe del 1992 è stato istituito dalla CIA, secondo te, con l’obiettivo di portare al potere uomini adatti al loro piano di dominio tecnocratico. Perché allora, per quasi vent’anni, la scena politica italiana è stata dominata da Silvio Berlusconi?
    Riguardo all’articolo, concordo pienamente sull’appropriazione indebita: un passo avanti sarebbe lodare tutti assieme la Resistenza, invece di operare pericolosi distinguo (il che, lo preciso subito, non significa nascondere i crimini compiuti dai comunisti nel periodo ’43-’45).

  9. salve
    nella resistenza, non vi è NULLA da lodare, con il 25 luglio e l’8 settembre è una dele pagine più tristi della nostra storia.
    saluti
    Piero e famiglia

  10. Complimenti a Paolo 85. Sono d’accordo con lui anche quando dice che c’è qualche marxista con la schiena dritta con il quale, pur rimanendo su posizioni diverse, è giusto fare un pezzo di strada assieme. Penso ai 4 intellettuali marxisti che hanno detto di condividere l’impostazione del Papa sui valori non negoziabili, sostenendo che sia ipocrita difendere i diritti umani e poi essere pro aborto e pro sperimentazioni genetiche. Se penso a questi 4 (purtroppo pochi, la maggior parte degli ex pci sono diventati il partito radicale di massa teorizzato da Del Noce) e quegli pseudo-cattolici che si definiscono tali, fanno la Comunione tranquillamente e poi sono pro aborto e eutanasia non ho dubbi su quali sceglierei.
    Altra cosa su Marine Le Pen. Io non sono assolutamente fascista e nemmeno nazionalista ma non c’è dubbio che, se fossi stato francese, avrei votato la Le Pen, l’unica politica che difende i valori non negoziabili e contemporaneamente si oppone a questa Europa inguardabile anticristiana, massonico-burocratica…

  11. Caro Stefano,
    non volevo certo darti dell’ottuso! Comunque comprenderlo è semplice: non tutte le ciambelle riescono col buco. C’era una vasta area di elettori ex democristiani, ex socialisti, ex socialdemocratici ed ex liberali che vedevano come il fumo negli occhi il futuro governo Occhetto.
    Tutta la grande stampa italiana e angloamericana magnificava lo “zombie con i baffi” (arguta definizione cossighiana), e dava scontata la vittoria della sua “gioiosa macchina da guerra”.
    Berlusconi prima cercò di contattare esponenti ex democristiani per convincerli a guidare una lista alternativa ( Segni, Martinazzoli). Dopo il loro rifiuto scese in campo in prima persona pronunciando le parole: “mi tocca bere l’amaro calice”. E’ praticamente certo che dietro a questa lista moderata e alla sua scesa in campo ci fossero ambienti della grande industria di stato che volevano contrastare il progetto di svendita allo straniero, concordato sul panfilo della famiglia reale inglese, il “Britannia”. Ti faccio presente che per lunghi anni la “Grande Stampa”, cercò di negare quell’episodio, ora lo ha ammesso e quindi posso scrivere del ” Britannia” senza essere accusato di complottismo. Affermare che scena politica italiana, per quasi venti anni, è stata dominata da Berlusconi è falso. Questo tiranno fascista, fu, già nel ’94, estromesso dal potere grazie ad un golpe di Palazzo orchestrato da Scalfaro. Nel ’96, dopo le elezioni, (hai capito bene si sono tenute elezioni con pericoloso tiranno fascista), vinte dall’Ulivo, ci fu il Governo Prodi che ci regalò l’Euro, non senza farsi truccare i conti dai suoi amici di Goldman Sachs. Prodi procedette subito a svendite di Banche ed imprese alle multinazionali anglo-americane e privatizzò la Telecom Italia e la TIM e, dopo aver fatto approvare una legge ben congegnata , le regalò all’avv. Agnelli, uno dei sostenitori di Mani Pulite, analoghi regali ebbe l’altro grande sponsor, l’ing. De Benedetti. Sulla svendita di Telecom c’è un gustoso aneddoto raccontato da fonte non sospetta, De Benedetti, che nel libro ” Eutanasia di un potere” di M. Damilano, Laterza editore, racconta che l’avv. Agnelli dopo la vittoria berlusconiana del ’94, invitò il neo-premier nella sua casa romana e alla sua presenza, gli chiese di vendergli il gruppo Stet-Telecom. Berlusconi rispose:” La Stet ora è mia, non ve la vendo”. Continuò così l’offensiva mediatica e giudiziaria contro di lui, che fu estromesso dal potere. Quando Prodi, nel ‘ 96, divenne premier, svendette Stet-Telecom agli Agnelli. Tutto questo nel disinteresse della magistratura che, in 50 anni, era stata abbondantemente infiltrata dagli americani. Ti faccio presente che dal ’98 al 2000 ci fu il governo D’Alema che continuò con privatizzazioni e svendite, tanto che l’avv. Guido Rossi, ex senatore eletto nelle file del PCI, esclamò beffardo che a Palazzo Chigi c’era l’unica merchant bank al mondo dove non si parlava inglese. Ci fu un altro giro di valzer per la Stet Telecom che fu regalata, con un’operazione piena di scatole cinesi, con sedi in Lussemburgo, a Colannino e soci definiti da Max D’Alema:”i capitani coraggiosi”. Dal 2000 al 2001 ci fu il governo Amato. Nel 2001 Berlusconi tornò al potere e ci rimase fino al 2006. Anni pieni di scioperi, oggi davanti ai massacri sociali di Monti non si sciopera più ! Massimo uno scioperetto generale di 3 ore per gettare fumo negli occhi ai più fessi. Nel 2006 perse di nuovo l’elezioni. Un tiranno fascista che affronta di nuovo le elezioni, le perde e non manda i carri armati in piazza! Quindi un nuovo governo Prodi fino alla primavera del 2008.
    Torna al potere Berlusconi e come era successo in precedenza torna in azione la magistratura, iniziano i dissidi nella maggioranza. Dal 2001 al 2006 erano Follini e Casini a fare la fronda, in quella legislatura il protagonista fu Fini. Che interesse avevano? Follini, come era facile prevedere, è sparito dalla scena politica. Certo, cambiata casacca, fece ottenere, dalla sinistra, un remuneratissimo incarico da dirigente del demanio alla moglie. Poi partirono gli scandali sessuali, un arma tipicamente americana per far fuori i rivali politici. Agli USA non dava fastidio il Bunga_Bunga con Ruby e la Minetti ma quello con Putin e Ghedddafi! Perché l’Italia non deve avere l’indipendenza energetica ma deve approvigionarsi, a caro prezzo, dalle multinazionali anglo-americane. Chi ha agito diversamente, Mattei , Moro, Craxi ed Andreotti, ha fatto sempre una brutta fine! ( Faccio presente che per circa metà degli anni del c.d. ” ventennio berlusconiano”, (in realtà gli anni sono 18), ha governato la sinistra, altra bufala propagandata dai media di regime. Veniamo poi alla vergognosa aggressione alla Libia. Qui Berlusconi dà il peggio di sé, si comporta da vigliacco, tradisce la fresca alleanza con Gheddafi e partecipa, spinto dal Quirinale, ad una guerra diretta anche contro l’Italia visto che gran parte del petrolio libico finiva da noi, a condizioni di favore. A questo punto inizia un grande attacco finanziario contro l’Italia, tutti i media scrivono che se B. non fosse premier lo spread scenderebbe di 300 punti. Ora abbiamo un tecnocrate e lo spread , dopo un calo dovuto agli acquisti di Titoli italiani da parte della BCE, guidata dal complice Draghi, lo spread è sempre a quei livelli.
    Ora, secondo me, Berlusconi per evitare rischi anche fisici, sta suicidando il suo partito appoggiando Monti e alienandosi tutto il suo elettorato, come dimostrano tutti i sondaggi.
    Questo per garantire agli americani che alle prossime elezioni non ci sarà più un imprevisto come quello del ’94! Con i tecnocrati al governo, come quando al potere c’erano i vari governi di sinistra, per la “Grande Stampa” tutto va bene, i Sindacati non mobilitano le piazze e fanno bastonare a sangue persino i pensionati più poveri che rappresentano la quasi totalità dei loro iscritti, l’intoccabile Costituzione viene modificata senza che il popolo viola dica una parola, la magistratura attacca Lega e Vendola, contrari ai tecnocrati, per cifre ridicole rispetto a quelle dell’ex Margherita, partito tra l’altro defunto da anni. Come mai non sono stati intercettati Rutelli, Rosy Bindi e Franceschini? Vogliamo credere che una sola persona controllasse decine di milioni d’euro? Per un approfondimento sulle trame americane e non solo ti lascio un link ad un articolo scritto su su serio sito marxista-leninista da un ex dirigente PCI ed ex professore universitario. Io lo condivido quasi totalmente, è pieno d’informazioni che vengono da persone che erano nel partito quando, a metà anni ’70, si preparava il tradimento con gli americani e che ora sono ben addentro alle questioni politiche italiane. Spero che non etichetterai anche loro come complottisti!
    Paolo
    http://www.conflittiestrategie.it/2012/04/26/grande-confusione-sotto-il-cielo-situazione-pessima-di-glg-18-apr-%E2%80%9812/

  12. Caro Alvaro,
    i politici USA, purtroppo, da molto tempo non fanno gli interessi del loro popolo ma delle oligarchie che gli assicurano l’elezione. Guardiamo la lotta impari sostenuta dal cattolico Santorum, che aveva raccolto solo una vera elemosina, contro Romney che, invece, ha a disposizione decine di milioni di dollari. Purtroppo, è finita come sappiamo. Come non ricordare che lo sconosciuto Obama raccolse somme spaventose, molto superiori a quelle a disposizione persino di Hillary Clinton.
    Lo scopo dell’oligarchia, con la sua elezione, era gattopardesco: fare finta di cambiare tutto, con un presidente giovane e di colore, in realtà meticcio e con la madre ben addentro al sistema di potere, per non cambiare niente. Infatti non ha mantenuto le promesse: Guantanamo è ancora aperta, in Iraq rimangono istruttori e mercenari,” contractors” nel linguaggio politicamente corretto. In Afghanistan ha inviato un contingente enorme, il più grande dalla guerra del Vietnam, ed in due anni i suoi bombardamenti erano già oltre il doppio di quelli fatti durante tutta la presidenza Bush, con un enorme numero di “danni collaterarali”, vittime civili. Poi c’é la guerra alla Libia ed il tentativo d’esportare la democrazia in Siria. Quindi l’apparato militar- industriale è stato ricompensato per l’appoggio dato alla sua elezione. Stesso discorso per le multinazionali farmaceutiche: ti ricorderai la famosa pandemia che doveva provocare una strage immane, gonfiata da tutti i media anche nostrani. Invece, ci furono poche vittime, però lui fece acquistare dall’amministrazione USA e dai vari Stati ed enti statunitensi milioni di dosi di vaccino. Cerco d’imporre l’acquisto anche a molte nazioni, anche l’Italia ne dovette acquistare una gran quantità.
    Vaccini finiti tutti nella spazzatura ma guadagni astronomici per le multinazionali del farmaco che avevano finanziato la sua elezione. Stesso discorso per il mondo della finanza che era stato generoso con lui. Dopo la grande crisi, finanzia, con i soldi dei poveri cittadini Goldman Sachs e Morgan Stanley. Queste utilizzano i finanziamenti per dare generosi bonus ai loro dirigenti, quelli
    che avevano causato la crisi, e per tornare a speculare come prima.
    Il signore dell’articolo che ho segnalato è stato professore universitario d’economia ed uno dei più grandi studiosi del pensiero di Marx che ci siano in Italia. Fece parte del PCI fino a quando si accorse del tradimento e che era in atto una giravolta verso gli USA, già all’epoca di Berlinguer, il primo dei traditori, non il santino, immacolato che poi la propaganda ha costruito. Pensa se un gerarca democristiano avesse sistemato la figlia nel TG1 cosa sarebbe successo! In più, cosa che passa sotto silenzio, c’è l’assunzione dell’altra figlia, Laura presso Mediaset, “Studio Aperto” e TGcom; poi, quest’ultima è moglie di Luca Telese, che per anni ha scritto per il “Giornale”, sempre famiglia Berlusconi, finché, si é trasferito al “Fatto quotidiano” dove vergava feroci articoli contro il suo ex datore di lavoro. Ti faccio presente che un paio d’anni fa lessi che la legge che permetteva a Berlusconi di trasmettere, “Legge Mammì”, con l’opposizione del PCI e quella di alcuni esponenti della sinistra DC, non aveva una maggioranza certa. Fu provvidenziale l’uscita dall’aula di alcuni esponenti del PCI, tra i quali Veltroni, per la sua certa approvazione.
    Fai un’osservazione intelligente quando scrive che poteva usare certe notizie per accrescere la sua importanza nel partito. Qui sono due l’ipotesi: o ci troviamo di fronte a persona estremamente coerente, che ha preferito la carriera universitaria o, viste l’immane forze che stavano dall’altro campo ha preferito, prima passare a partiti d’estrema sinistra e poi lasciare l’attività politica.Tornandoci solo ora, con il suo sito col quale cerca di costruire un vero movimento marxista-leninista. Dai suoi articoli traspare il disprezzo verso gli ex PCi che, per non sporcare il nome del comunismo, chiama piciisti e per tutti quelli del PD e che definisce “rinnegati”.
    Condivido totalmente la sua idea che il cancro dell’Italia sia quello che lui chiama ” ceto medio semi-colto”, benestanti con alto livello d’istruzione e nessuna capacità di ragionamento che erano le truppe del movimento viola, ennesima rivoluzione colorata,” made in USA”.
    Che già all’epoca di Berlinguer, il PCI fosse strettamente legato con il mondo capitalistico italiano ed internazionale e che, tramite l’avv. Agnelli, avesse stretto legami con importanti politici USA, a partire da Kissinger, è provato anche da un vecchio testo che trovato, dopo tanta fatica, la scorsa
    estate, “Vodka-Cola”, sui rapporti tra USA e URSS durante la guerra fredda. Ci sono molte pagine dedicate all’Italia e si ritrova il parere favorevole di Kissinger, Brzezinski, Rockfeller ed altri all’ingresso del PCI berlingueriano nel governo. Nel testo c’è il riferimento ad un rapporto dell’allora capo della CIA, Hughes Montgomery,relativo alla partecipazione comunista al governo definita “non solo probabile ma auspicabile”. Il rapporto viene riassunto con la frase: “Rockfeller paga, Agnelli incassa, Berlinguer governa”. Come vedi solo conferme, dall’interno del PCI, a situazioni note all’estero; in Italia, i media, complici, tacevano. L’autore del libro non è un complottista ma un ex ufficiale della RAF poi diventato dirigente sindacale. Anche ex appartenenti al PCI dell’epoca scrivono le stesse cose. Denunce analoghe sono state fatte dal filosofo marxista, ex docente universitario, Costanzo Preve.
    E’ vero in rete c’è scritto di tutto, scie chimiche , rettiliani ecc.. Io, nel consultarla, cerco di affidarmi a persone che già conoscevo o che hanno dato dimostrazione di scrivere cose logiche, che poi hanno trovato riscontro nei fatti concreti. Certo per come è ridotta l’informazione italiana, supina di fronte ai poteri forti, preferisco leggere follie sulla rete che le cronache sulle imprese del governo Monti! Ma con il suo Salva Italia non dovevamo crescere del 11-12% e con le liberalizzazioni non doveva aumentare anche l’occupazione con percentuali simili? Hanno fatto passare queste barzellette oscene per verità!!!
    Tanti saluti e buona domenica!
    Paolo

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