Tim Tebow: l’uomo dei miracoli

È difficile spiegare a un europeo la passione tutta statunitense per il football americano (o, da loro, semplicemente football, con una tendenza tutta a stelle e strisce per l’antonomasia sciovinista). Al contrario di quanto possa sembrare al neofita, si tratta di uno sport assai difficile e raffinato, che ha dato vita negli anni a manuali pseudo-scientifici di strategia e teoria di gioco grossi quanto la Treccani e costringe ciascuno dei circa cinquanta giocatori di ogni squadra (professionistica, giovanile o amatoriale che sia) a mandare a memoria centinaia di schemi talvolta più complicati di un’intera partita di scacchi. Inoltre, è un fenomeno nazionale di primissimo rilievo: il maxi-evento televisivo del Super Bowl (la finale di campionato) è sostanzialmente la terza grande festa patriottica dopo il 4 luglio e il Ringraziamento. Nel football girano quantità spropositate di denaro e di interessi, per il football si smuovono le masse, con il football si fa anche politica; grazie al football, infine, c’è anche il modo di stupire e far discutere la nazione intera.

Da qualche anno, infatti, lo sport più americano e più scientifico/strategico che ci sia è scosso dal fenomeno Tim Tebow, detto “miracle man”, quaterback venticinquenne dei Denver Broncos passato quest’estate ai NY Jets. Tim è un ragazzone (110 kg x 190 cm) tanto muscoloso quanto affabile e sorridente; è un cristiano battista sempre di buon umore, quinto figlio di una coppia di missionari nelle Filippine cui, a causa di una gravidanza molto difficile (la madre era in coma farmacologico per un’infezione), i medici avevano consigliato l’aborto. Arrivato oggi alla celebrità e alla ricchezza, Tebow non perde mai occasione per mostrare pubblicamente la propria fede, non solo attraverso la beneficenza e il sostegno diretto e pubblico alle attività dei pro-life americani, ma anche sul campo di gioco: finché la lega dei colleges americani non l’ha proibito, da ragazzo Tim ogni partita tracciava sui suoi eye paints (la riga nera sotto lo zigomo che protegge l’occhio dalla rifrazione della luce solare) rimandi a versetti biblici, come il celebre “John 3:16” visto anche ai mondiali di calcio ’94. Anche oggi, da professionista, Tebow ringrazia il cielo dopo ogni meta; e la sua peculiare posizione di preghiera (chiamata “tebowing”: un solo ginocchio genuflesso, il pugno sotto il mento), eseguita prima e dopo le azioni di gioco, è diventata un fenomeno sociale mondiale e un sito internet di grande successo (tebowing.com) con migliaia di imitatori ritratti genuflessi nei posti e nelle condizioni più strane e divertenti.

A prima vista, questa vicenda potrebbe essere solo una nota di colore, la storia di uno tra i molti curiosi personaggi che hanno calcato il campo di football negli ultimi cinquant’anni. Eppure, il caso di Tebow ha suscitato l’interesse di tutti i media americani per un’ulteriore singolare circostanza: il tebowing funziona. O meglio, Tebow (di per sé quarterback non eccelso) è diventato uno specialista nel vincere le cause perse, rimontando punti su punti negli ultimi minuti di gioco (o persino nell’over time) grazie a improvvise giocate personali del tutto fuori dagli schemi e passaggi assurdamente ambiziosi che riescono sempre a sorprendere analisti e avversari. Per informazioni, chiedete a Chargers, Jets e Vikings, vittime l’anno scorso di tre vittorie in rimonta consecutive; ma anche ai Dolphins, ai Buffalo Bills e soprattutto ai Pittsburgh Steelers del presidente Obama, la squadra più titolata d’America: i Broncos hanno avuto ragione di loro grazie a una prestazione eroica di Tim all’insegna del numero 316 (316 yards guadagnate, media di 31,6 a passaggio e… 31,6 lo share televisivo), proprio come il versetto spesso citato dal giocatore. Il giorno successivo alla partita il sindaco democratico di Pittsburgh, avendo perso una scommessa con il suo collega di Denver (nonché compagno di partito), fu persino costretto ad eseguire il tebowing in diretta nazionale.

I media americani si sono lungamente interrogati sul “segreto” dell’”uomo dei miracoli”: in uno sport dominato dalle statistiche, dal raffinatissimo approccio metodologico e strategico alle partite, da passaggi geometricamente calcolati e da schemi limati in allenamento fino alla perfezione, Tebow è una mina vagante che spesso passa male o non passa neppure, che sembra improvvisare tutto e che pare mosso solo dall’ispirazione del momento. Psicologi ed esperti hanno ipotizzato, per esempio, che il “trucco” sia il suo atteggiamento sempre costruttivo e sorridente con i compagni, oppure la sua disorientante tendenza ad attribuire il merito delle vittorie a tutti meno che a sé. Nessuno dei tecnici, però, sembra aver finora dato una risposta soddisfacente, tanto che sono molti gli scettici o i sospettosi nei suoi confronti; non ultimo il vice-presidente e ex-quarterback dei Broncos, il leggendario John Elway, che nonostante la buona stagione della squadra quest’anno ha sostituito Tim con uno dei massimi esponenti della scuola “scientifica” del football, il più-che-perfetto Peyton Manning dei Colts. Tim Tebow è così finito nella squadra della città più laica d’America, New York (sponda Jets), che sembra invece aver deciso di avere fede nel “miracle man” della NFL.
Ma a questi scambi e a queste discussioni Tebow non partecipa che marginalmente: il giovanissimo cristiano battista, infatti, sfrutta ogni momento libero per sostenere enti benefici, campagne di sensibilizzazione, attività missionarie etc. A più riprese ha dichiarato di voler arrivare vergine al matrimonio, provocando così molti siparietti comici con le giovani e belle sue fans che vorrebbero a tutti i costi fargli cambiare idea. Tentatrici a parte, comunque, il giovane quarterback nelle sue numerose uscite pubbliche si presta sempre con molta disponibilità all’entusiasmo dei tifosi, posando spesso con loro nella sua tipica posa di preghiera e dando così ulteriore prova della sua personalità solare e generosa. Tutti quanti, lui compreso, hanno preso la mania nazionale per il tebowing come uno scherzo nato sul web: ma siamo proprio sicuri, signori psicologi, esperti e strateghi, che parte del “trucco” vincente dello “scarsissimo” Tim Tebow non stia proprio lì?

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3 pensieri riguardo “Tim Tebow: l’uomo dei miracoli”

  1. seguo il football e vi assicuro che Tim e’ straordinario….ma pazzo!! pero’ sono i giocatori come lui che non lo rendono monotono!

  2. salve
    concoscevo la sua storia, avendola letta tempo fa…il football però è una noia mortale.
    Il nostro rugby è, invece, stupendo e avvincente. Sempre!
    saluti
    Piero e famiglia

  3. quando si testimonia la fede con coerenza, coraggio e fierezza si ottiene sempre rispetto e si è di esempio a tutti.
    Bravo Tim.
    Impariamo cari amici.

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