Tra primato dell’economia e tecnocrazia, il dovere e la bellezza di rimanere fedeli a Dio

L’Epifania è la manifestazione di Dio che si offre all’adorazione dell’uomo (tutto il Natale è Epifania), prendendo come momento più emblematico l’arrivo di alcuni potenti e sapienti che vanno ad adorare il Verbo incarnato.

Ebbene, questo fatto (perché di fatto si tratta!) ci dà come sempre diverse possibilità di riflessione.

Partiamo con delle parole del grande filosofo cattolico Gustave Thibon (1903-2001), che nel suo La scala di Giacobbe così scrive: “Non cercare di stringere l’astro che brilla solo per guidarti. Restagli fedele, a dispetto di tutto. E troverai l’ideale incorporato al reale: la stella del cielo t’insegnerà il vero senso della terra. Le cose supreme non fioriscono che al di là della tomba. Maesse cominciano quaggiù e la loro fragile semenza è nei nostri cuori, e niente fiorisce nel cielo, che non sia prima germogliato sulla terra.”

Commentiamo queste bellissime parole. Iniziamo: “Non cercare di stringere l’astro che brilla solo per guidarti. Restagli fedele a dispetto di tutto”.

Thibon non allude ai Magi, ma l’allusione ce la concediamo noi. I Magi non si sono limitati a considerare la Stella solo come una guida, non hanno pensato: nella nostra vita, adesso, c’è la Stella da seguire … poi chissà. No. Essi sapevano bene che da quella scelta di mettersi alla sequela dell’Astro sarebbe iniziata una nuova e definitiva vita. Sarebbe scaturita la necessità di rimanere fedele a quella Novità: “Non cercare di stringere l’astro che brilla solo per guidarti. Restagli fedele a dispetto di tutto”.

Il nostro mondo è un mondo senza Dio, la nostra società è una società senza Dio, la nostra vita è una vita senza Dio … sono espressioni (queste) che sentiamo spesso. Sono espressioni indubbiamente vere, ma – diciamocelo francamente – tanto vere quanto indiscutibilmente ovvie … e anche molte volte fastidiosamente retoriche.

Sono certamente espressioni insufficienti. Oggi il grande problema non è l’assenza di Dio. Non lo è, perché tanto a livello metafisico quanto a livello sociologico Dio non è per nulla assente. A livello metafisico, perché Dio è stato causa efficiente per la creazione ed è causa sussistente di tutto, indipendentemente da chi lo riconosce e lo segue. A livello sociologico, perché – come affermò lucidamente Augusto Del Noce (1910-1989) – la secolarizzazione (e la nostra società è ampiamente secolarizzata) non consiste nell’eliminazione del senso religioso quanto nella sua trasformazione da dato pubblico a dato privato, intimistico e soggettivista. E infatti oggi non solo molti parlano di Dio, ma si vede Dio dappertutto … il che vuol dire nullificarlo.

Piuttosto dovremmo dire un’altra cosa. E cioè che il nostro mondo è un mondo che nonriconosce più Dio; e, non riconoscendolo, non sa più adorarlo. Manca l’adorazione. Manca cioè la capacità di riconoscere nella propria vita la necessità di far posto ad un giudizio a cui doversi logicamente rimettersi. Manca la capacità di capire che Dio è Dio … e di trarre le logiche conclusioni da questo. Manca la capacità di restarGli veramente fedele: “Restagli fedele a dispetto di tutto”.

Quando il grande papa san Pio X (1835-1914) affermò quella celebre frase (che poi fu il
programma del suo pontificato): instaurare omnia in Christo, voleva offrire alla società del tempo (che è ancora la società attuale, nulla di fatto è cambiato) la vera “medicina”. “Instaurare” viene da “in + staurare” che significa “render fermo, fissare, fondare”. San Pio X colse il vero problema (e quindi anche la vera essenza del modernismo) della società contemporanea: la pretesa di costruire la propria vita senza che essa sia fondata su Cristo, come verità perenne e giudizio definitivo ed immutabile … come fondamento a cui restare fedele: “Restagli fedele a dispetto di tutto”.

Il fallimento economico che oggi stiamo assistendo altro non è che un piccolo e quasi insignificante riflesso di un fallimento molto più grande.

Oggi noi sappiamo che, non solo, le vere cause della crisi economica sono cause principalmente morali, ma che la stessa ansietà con cui si cerca di risolverla ne acuisce in un certo qual modo la gravità.

Si tratta di un’ansietà che vien fuori inevitabilmente dalla falsa convinzione che il futuro sia solo nelle nostre mani; che ciò che ci toccherà qui sia l’unica nostra possibilità. E se è così, è logico che ci sembri tutto assurdo ed insopportabile, che ci sembri assurdo che non si realizzi la perfezione qui, nella nostra vita terrena. E’ l’assurdo dell’utopia. Il noto umorista americano Arthur Bloch dice giustamente: “L’esperienza è quella cosa che fa commettere errori nuovi piuttosto che quelli vecchi.” L’uomo, da solo, non può che errare.

La svolta tecnocratica, che diventa sempre più incisiva ed invadente, muove proprio in tal senso.

Ma Gesù ha detto altro: “Chi non raccoglie con me, disperde” (Luca 11). Ed è così’. La Madonna a La Salette disse ai veggenti Melania e Massimino: “Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra. Ve l’ho mostrato l’anno passato con le patate: voi non ci avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest’anno, a Natale, non ve ne saranno più». «Se si convertono (la Vergine si riferisce agli abitanti del paese che usavano lavorare nei giorni di festa), le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi.”

Facciamo un po’ di mente locale sull’attuale crisi economica.

Il 15 settembre del 2008 vi fu il fallimento della banca d’affari di New York Lehman Brothers.

All’origine di quella crisi vi fu l’illusione – indotta – secondo cui tutti avevano la possibilità di acquistare una casa. Il che ovviamente significava che tutti potevano accendere dei mutui anche senza garanzie. Erano i cosiddetti mutui sub-prime (sotto la soglia di garanzia).

Il “vantaggio” di questi mutui era dato dal fatto che, da una parte, potevano dare soldi a tutti; dall’altra, potevano promuovere un boom del mercato immobiliare.

Ma, per l’appunto, si trattava di “vantaggi” con le virgolette. Ovviamente le banche che
concedevano così facilmente i mutui dovevano trasferire questi stessi mutui ad altre banche generando così un possibile effetto domino.

Queste altre banche acquistavano i debiti di debitori senza garanzie e li “cartoralizzavano”, cioè li trasformavano in una serie di prodotti finanziari.“Cartolarizzando” il debito, il debito stesso diveniva sconosciuto per tutta una serie di passaggi, per cui sconosciuti acquirenti anche di Paesi lontanissimi acquistavano quei mutui senza garanzia sotto forma di derivati, bond, ecc … E pensate che dietro a tutto questo vi era una genialità, ma una genialità immorale. Una genialità pensata da due economisti (premi Nobel) Myron Scholes e Robert Merton.

La “genialità” aveva una sua logica: o chi contrae il mutuo sub-prime paga (e in tal caso non ci sono problemi), oppure non riesce a pagare. Nel secondo caso i problemi per le banche non sarebbero dovuti esserci. Infatti, se così fosse accaduto, da una parte queste si sarebbero tenute le rate già pagate, dall’altra si sarebbero preso la casa acquistata rivendendola; sommando pertanto il prezzo della casa con le rate che il povero debitore già aveva pagato. I due “geni” però non avevano pensato che un conto sarebbe stato se gli insolventi fossero stati pochi, altro se fossero stati molti. Cosa che è avvenuta. Le tante case pignorate hanno fatto crollare il mercato immobiliare e tante banche si sono trovate senza risorse finanziarie.

Si è creato quell’effetto domino ch’era possibile prevedere. Bush in America fece fallire la Lehman Brothers.

Ma la crisi non era solo finanziaria, era anche economica, a causa di un legame tra banche finanziarie e banche commerciali, ma anche perché tutti coloro che persero il lavoro nelle banche finanziarie e tutti i debitori insolventi si trasformarono subito in non-consumatori. Nei soli Stati Uniti si parlò di 3,6 milioni di persone che persero il lavoro o rischiarono seriamente di perderlo. Obama decise di salvare il sistema bancario, e con lui gran parte dei Paesi occidentali. Il tutto fu fatto con massicce “iniezioni” di denaro.

Ma un altro problema era dietro l’angolo. Anche i governi occidentali non sono ricchi, nel senso che sono attanagliati da grandi debiti pubblici. Obama stampò denaro generando inflazione. In Europa non si decise una politica di questo genere (per tutta una serie di vincoli), bensì per l’aumento del debito pubblico (debito sovrano). Gli Stati hanno cercato di piazzare sui mercati i loro debiti, causati dall’intento di salvare banche e grandi aziende.

E qui veniamo alla crisi attuale. Gli Stati, con una maggiore politica di rigore, sono riusciti a trovare più facilmente acquirenti del loro debito. Per gli altri, gli investitori o si spaventati e non hanno comprato o hanno speculato giocando al ribasso. E’ il caso dell’Italia … ma di fatto nessuno è al sicuro.

Ma perché siamo partiti così da lontano? Per capire come alla base di tutto questo vi è una crisi di ordine morale. Una crisi non solo dovuta all’ “immoralità” che molte volte caratterizza il sistema finanziario (vedi la genialità dei mutui sub-prime), ma anche a ciò che attiene i principi di fondo della legge naturale.

Meno figli non solo significa in futuro meno lavoratori capaci di produrre per tanti anziani
inattivi, ma anche meno consumatori; significa anche un’altra cosa. Il noto economista cattolico, Ettore Gotti Tedeschi, attuale presidente dello IOR, così ha scritto su Il Timone n.95: “Trent’anni fa il mondo occidentale credette di dover interrompere la natalità per il bene comune e per stare meglio, riuscendo così a produrre un effetto esattamente opposto. Si sperava di diventare più ricchi senza fare figli e si è invece diventati più poveri. (…). I modelli di crescita economica classici, da quello dell’economista statunitense Robert Solow a quello di Maynard Keynes sono tutti centrati sulla crescita della popolazione, (…). (…) l’effetto del crollo della crescita della popolazione è persino semplice da spiegare: crescono i costi fissi perché la popolazione invecchia, diminuisce la produttività (meno giovani che affluiscono al lavoro), crolla la crescita del risparmio (perché si formano meno famiglie con figli, obbligate a risparmiare). Ecco perché non si possono diminuire la tasse in un paese ad economia ‘assistenzialistica’ come il nostro. Che cosa si fece poi per compensare questo disastro? Prima, si cercò opportunamente di fare crescerla produttività, poi, con la (miracolosa per l’Asia) delocalizzazione delle produzioni a basso costo in Cina e India, si cercò di abbassare i costi, quindi con l’immigrazione si cercò di compensare l’esigenza di un incremento della popolazione. Infine, essendosi rivelato tutto insufficiente, si passò alla crescita consumistica a debito, fino agli eccessi dei famosi ‘subprime’, cioè il credito a chi non poteva restituirlo pur di fare crescere il PIL.”

A questo si aggiunge il fatto che la Cina è il grande acquirente di tanti debiti pubblici. Il debito pubblico degli USA è stato comprato in gran parte dalla Cina. Ma cosa accadrà quando in Cina la politica del figlio unico porterà inevitabilmente al crollo del sistema pensionistico, visto l’allungarsi anche lì della vita media?

Torniamo alle parole di Thibon: “… E troverai l’ideale incorporato al reale: la stella del cielo t’insegnerà il vero senso della terra. Le cose supreme non fioriscono che al di là della tomba. Ma esse cominciano quaggiù e la loro fragile semenza è nei nostri cuori, e niente fiorisce nel cielo, che non sia prima germogliato sulla terra.”

Dunque, se si è capaci di rimanere fedeli, si troverà “l’ideale incorporato al reale e la stella del cielo (insegnerà) il vero senso della terra”.

E’ il contrario della tecnocrazia e del primato dell’economia, che invece impongono all’uomo la menzogna del “volare basso”, del fare del suo ventre e degli equilibrismi tattici la bussola del suo agire. Ricordiamo come Benedetto XVI indica la tecnocrazia:“la tecnica divenuta essa stessa un potere ideologico, che esporrebbe l’umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un ‘a priori’ dal quale non potrebbe uscire per incontrare l’essere e la verità.” (Caritas in veritate, n.70)

Ci mancano le ultime parole di Thibon: “ … la stella del cielo t’insegnerà il vero senso della terra. Le cose supreme non fioriscono che al di là della tomba. Ma esse cominciano quaggiù e la loro fragile semenza è nei nostri cuori, e niente fiorisce nel cielo, che non sia prima germogliato sulla terra.”

Riconoscere, adorare e restare fedele a Dio significano accrescere la sapienza, capire di più se stessi e la vita. L’esperienza del pellegrinaggio è l’essenza della vita cristiana. La vita è un cammino che ha una méta ben precisa. Se si dimentica la méta, il cammino stesso perde significato … e la vita stessa non ha senso. Per capire la terra bisogna guardare il Cielo. Per capire la bellezza della vita terrena bisogna pensare alla bellezza della vita eterna, alla bellezza di Dio. Thibon ce lo ricorda: “… la stella del cielo t’insegnerà il vero senso della terra.”

Solo nella prospettiva dell’eternità si può dare un senso alla vita e far sì che essa si riempia di sapore: “Le cose supreme non fioriscono che al di là della tomba. Ma esse cominciano quaggiù e la loro fragile semenza è nei nostri cuori, e niente fiorisce nel cielo, che non sia prima germogliato sulla terra.”

Il pensare alla crisi economica come la crisi per eccellenza è uno dei tanti segni in cui si capisce dove siamo arrivati: a credere che il nostro ventre sia tutto e che solo nei tesori accumulati su questa terra si giochi il nostro destino.

I Magi lasciarono le loro lussuose dimore, intrapresero un viaggio difficoltoso, scomodo (e forse anche pericoloso) perché mossi dall’umile consapevolezza di fondare la propria vita, di fissare lo sguardo su Colui che è il Signore di tutto. In un certo qual modo i Magi lasciarono tutto per andare ad incontrare il Tutto.

C’è un dipinto che è molto significativo. Si tratta dell’Adorazione dei Magi di Stefano da Verona (dipinto del 1435 che si trova a Milano, alla Pinacoteca di Brera). Eccolo:

In questo dipinto c’è una caratteristica -verissima- che non è sempre presente nelle tante raffigurazioni dell’arrivo dei Magi alla mangiatoria di Betlemme. Qui, tutti i personaggi sono orientati verso il Divino Bambino; tutti, non solo la Vergine, san Giuseppe e i Re, ma anche il loro seguito. Tutti, anche quelli che sono più lontani sono come attratti, catalizzati da quel Bimbo. Ma la caratteristica più originale del dipinto è che finanche lo sguardo degli animali è orientato verso il Bambino: c’è un cane che sembra spingere il suo muso per guadagnare posto e voler guardare ed adorare anch’esso Colui che tutti guardano ed adorano. Tutti guardano fissi su quel Bambino. E’ un guardare senza esitazione … col desiderio che da quello sguardo si costruisca e s’irrobustisca tutta la propria vita.

Paradossalmente, quel cane mostra più intelligenza di tanti che pur intelligenti -tanto intelligenti sono reputati dal mondo … più intelligente di tanti intellettuali, di tanti filosofi, di tanti economisti … e perfino di tanti teologi.

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