Tolstoj e il matrimonio, l’amore carnale, la procreazione, l’innamoramento… Peccato solo per l’introduzione di Augias!

Repubblica e L’Espresso stanno promuovendo in queste settimane un’iniziativa lodevole: offrire ai lettori, ad un prezzo veramente risibile, quindici capolavori della letteratura mondiale.

La scorsa settimana – per i temerari in grado di superare la difficoltà di dover entrare in un’edicola e chiedere: “Mi potrebbe dare Repubblica, per cortesia?” – era in vendita La sonata a Kreutzer, un racconto di Lev Tolstoj pubblicato nel 1891.
Il contesto narrativo della vicenda è, di per sé, molto banale: due signori russi dialogano su un treno per tutta la notte; o meglio: uno dei due narra all’altro la propria vita.
Quello che colpisce, invece, sono i temi trattati, che non sono affatto scontati: matrimonio, adulterio, concupiscenza, aborto, gelosia

Nella postfazione, Tolstoj chiarisce i cinque punti chiave che intendeva trasmettere con il suo racconto:

1. Nella società si è affermata la convinzione che i rapporti sessuali siano utili alla salute. Bene, afferma l’Autore, “[…] ciò è male, perché non è ammissibile che per la salute di alcuni occorra distruggere il corpo e l’anima di altri esseri umani (le donne e i bambini che non vengono fatti nascere con la contraccezione, o che vengono abortiti, ndr)”.
2. Oggigiorno l’infedeltà coniugale è molto diffusa e “[…] io ritengo che ciò sia male. Ne consegue, quindi, che non va fatto”. Così come va assolutamente condannato il divorzio ed è necessario cercare di salvaguardare la famiglia, soprattutto se dall’unione sono nati bambini. Afferma infatti l’Autore nel suo racconto: “Loro (i bambini, ndr), poverini, ne soffrivano terribilmente, ma noi, impegnati nella nostra guerra senza quartiere, avevamo altro a cui pensare”.
3. “La terza cosa che intendevo dire è che nella nostra società, sempre per effetto dell’ingannevole valore che si dà all’amore carnale, la procreazione ha perso il suo senso e, invece di essere il fine e la giustificazione dei rapporti coniugali, è divenuta un ostacolo per la piacevole continuazione dei rapporti amorosi”; la contraccezione è un male, “[…] in primo luogo perché in questo modo ci si libera delle preoccupazioni e degli oneri recati dai bambini, attraverso i quali ci si riscatta dall’amore carnale; in secondo luogo perché è qualcosa di assai simile all’atto più ignominioso per la coscienza umana, l’omicidio”.
4. Nella nostra società i bambini sono visti, a seconda delle situazioni, come: “un ostacolo ai piaceri”, “un’infausta causalità”, “[…] un piacere, quando se ne genera solo una quantità stabilita a priori”. “La conseguenza è che i bambini sono educati come cuccioli di animali, in quanto la principale preoccupazione dei genitori non è quella di prepararli ad un’attività degna dell’uomo, ma […] quella di nutrirli come meglio possibile, di favorirne la crescita e mantenerli sempre puliti, candidi, sazi, belli”.
5. Nella società di oggi l’innamoramento tra due giovani ha come fondamento l’amore carnale. Tutte le migliori energie sono spese a cercare chi amare e da chi essere amati. Invece, afferma Tolstoj, “[…] il progresso dell’umanità si è sempre mosso dalla dissolutezza verso una maggiore castità, con il comune senso morale e con la nostra coscienza, che sempre condanna la depravazione e apprezza la castità”. Con questo l’Autore non intende affatto dire che non sia lecito sposarsi, anzi! Semplicemente, afferma che si può essere casti anche nel matrimonio. E’ innegabile, poi, come la castità sia un ideale alto e “[…] proprio qui sta il guaio: se ci si permette di abbassare l’ideale a causa della propria debolezza, è difficile poi limitare il livello dell’abbassamento”. In definitiva, occorre avere fede in Dio: la Sua dottrina è l’unica che vale la pena perseguire ed è l’unica per cui vale la pena impegnarsi e lottare. “Non è quindi vero che non possiamo farci guidare dall’ideale di Cristo perché questo è troppo elevato, perfetto e irraggiungibile. Non lo scegliamo solo perché mentiamo e ci inganniamo”.

Un grazie alla cordata Repubblica-L’Espresso, dunque, per aver ristampato un capolavoro poco conosciuto, ma molto denso dal punto di vista dei significati. E un consiglio, se è lecito: la prossima volta evitate che Corrado Augias rovini l’intero volumetto con un’introduzione nella quale dà prova di aver capito poco o nulla di ciò che ha letto e di essere sempre mosso da preconcetti ideologici, che lo portano a scrivere: "La prima cosa che si può dire è che questo romanzo breve vorrebbe essere il rifiuto dell’amore carnale", ma "[…] a dispetto dell’assunto, emana dalle pagine un conturbato erotismo".

Un unico commento: "Augias, ma che stai a di’?"

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