La politica estera dell’Italia e degli Usa.

Per i grandi giornali la politica estera italiana è semplicemente filo-atlantica, filo americana. La realtà è molto più complessa e Berlusconi lo sa bene: non siamo più nell’epoca del bipolarismo, quando per essere liberi occorreva schierarsi con gli Usa, in funzione anti-sovietica perchè non c’erano altre opportunità. Tra il 1989 e il 1991 il comunismo è caduto ovunque, e gli Usa hanno cercato di approfittarne: dal bipolarismo, si credeva, si passerà all’unipolarismo. Una sola superpotenza: gli Usa. Si parlava del futuro “secolo americano”. Lo facevano Clinton e Bush, sr, indistintamente.

Erano gli anni in cui i sovietologi americani, tra cui la Rice, assicuravano che la Russia non si sarebbe mai ripresa. Certamente fu anche per questo, per consolidare la propria egemonia, che gli Usa attaccarono l’Iraq, zona strategica geopoliticamente, che confina con tantissimi stati, tra cui l’alleato turco, ma anche il nemico iraniano. E’ iniziata in quegli anni la corsa degli Usa verso oriente, speculare alla progressiva caduta dei sistemi comunisti. Si credeva che i vuoti di potere fossero facilmente occupabili, che il controllo dell’energia e del petrolio, fosse di per sé una garanzia di potere e di successo globale. Ma non è stato così: la Russia è rinata, contro ogni previsione, “grazie” all’operato dittatoriale, ma efficacissimo, di Putin. Costui è diventato così la bestia nera di molti occidentali, i quali si scandalizzano per l’eliminazione di alcuni avversari politici, dimenticando che nella storia della Russia dell’ultimo secolo, zarismo e comunismo compresi, Putin è stato l’uomo politicamente più efficace e “misericordioso” (pochissime le morti da lui decretate, rispetto ad alcune migliaia di oppositori, eliminati dagli zar, e ai milioni di morti di Lenin e Stalin). La Russia ha cercato pian piano di arginare la propria crisi interna, anzitutto investendo, anche economicamente, sul rilancio della famiglia ed anche limitando fortemente il ricorso all’aborto, che minava la forza demografica del paese. Inoltre è tornata in possesso delle sue materie prime, del gas e del petrolio, che durante l’epoca di Eltsin erano stati venduti ad alcuni oligarchi, personaggi che dal nulla si erano ritrovati, grazie all’amicizia giusta, con in mano proprietà immense, del popolo russo.

Nel frattempo, dopo la I guerra del Golfo, interrotta da Bush senior senza toccare Saddam (forse perchè Bush senior aveva capito che controllare il paese era impossibile?), c’è stata la I I guerra, che si è rivelata assai più difficile del previsto, quanto a morti (già più di 4000 solo tra gli americani, senza contare feriti e suicidi) e ad esiti economici, politici, energetici. Sì, perché nel frattempo l’Iran, tradizionale avversario sciita dell’Iraq a guida sunnita, eleggeva un presidente fanatico e folle, che però non sarebbe forse mai arrivato a quel posto se la guerra in Irak non avesse in buon parte resuscitato revanscismi islamisti. Negli stessi anni della II guerra, parallelamente alla ripresa della Russia, gli Usa concludevano nel 2006 un accordo con la Bulgaria, per costruirvi una base militare per 2500 uomini. Progettavano inoltre basi nella città romena di Costanza, sul mar Nero, il raddoppiamento della base militare di Vicenza, e, infine, una base anti missilistica in Polonia e una stazione radar nella ex repubblica Ceca. Difficile non vedere, in questi movimenti, il desiderio di mostrare all’orso russo risorto la propria forza, e la possibilità di contare su paesi ex satelliti dell’Urss. Ma nonostante tali manifestazioni di apparente potenza, gli Usa si trovano oggi a mal partito: hanno perso gran parte della loro tradizionale influenza in America Latina, che hanno trascurato a vantaggio del Medio Oriente, credendo forse di poter contare su un protettorato sicuro e permanente; sono ingolfati in Iraq e in Afganistan, paese anche quest’ultimo assai strategico, sia perchè confinante con l’Iran sia perchè subito al di sotto della temutissima Russia; hanno una forte crisi interna, politica ed economica; devono affrontare il problema dell’Iran, che è divenuto una potenza regionale, anche perchè non più limitato dal vicino Iraq. A tutto ciò si aggiunga che il sognato unipolarismo-unilateralismo, deve fare i conti con il sorgere di nuove potenze che rendono il mondo sempre più multipolare: oltre alla già citata Russia, la Cina, disposta anche ad allearsi con i russi in funzione anti americana, e l’India, che ha spesso mandato alcuni segnali di insofferenza verso certe politiche Usa. In tutto questo scenario l’Europa non ha una posizione definita, perchè troppo debole. Cosa fa allora Berlusconi: si sbraccia con Bush, e, contemporaneamente, con Putin, provando la politica della pacca sulle spalle. Promette e sorride agli Usa, ma nello stesso tempo dichiara, col ministro Frattini, che una nuova guerra all’Iran sarebbe un disastro.

La stessa politica del 2001 insomma, quando Berlusconi non entrò in guerra al fianco di Bush, ma solo a guerra “conclusa” mandò degli uomini, col compito, però, di mantenere l’ordine pubblico. Della serie: un po’ sì, troppo no. E’ questa forse la politica più “realista” che si possa fare, dovuta anche alla posizione geografica del nostro paese, affacciato sul Mediterraneo, e alla vicinanza col Vaticano, che si è sempre opposto alle guerre nel Golfo e che lavora per una pace giusta in Medio Oriente. L’efficacia e l’ “ambiguità” voluta di una tale posizione è dimostrata dal fatto che in Italia Bush e Putin vengono in pellegrinaggio assai spesso, cosa che in passato era assolutamente inconcepibile. E che la Russia, sia sotto Prodi che sotto Berlusconi, continua a stringere partnership economiche con l’Italia. Il nostro paese rimane pur sempre un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, e attende che sia più chiaro chi governa il mondo, e chi governerà, dopo le prossime elezioni, gli Usa. Quanto al nuovo assetto del mondo, si può sperare che il multipolarismo prossimo venturo eviti nuove guerre e generi nuovi equilibri, ma potrebbe anche, nella corsa a chi vince, a chi anticipa gli altri, succedere il contrario. Speriamo proprio di no.

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.